Un fratello maggiore - Live Sicilia

Un fratello maggiore

Roberto Benigno

Tanta vita passata insieme, tante giornate interminabili tra sfottò e lavoro. Ora che gli occhi sono pieni di lacrime, accanto al dolore, c'è la gratitudine. La testimonianza di Roberto Benigno.

La prima telefonata della giornata era un “rito”. Alle nove del mattino Francesco era già un vulcano di idee in piena eruzione. Le metteva giù nel “memo” della giornata (lui l’ha battezzato così). La rotta quotidiana che la nostra grande nave veloce doveva seguire per portare in porto ogni sera la nostra barca. Pronta a riprendere il mare dell’informazione il mattino seguente. Quel “rito” si è rinnovato, quotidianamente, per anni, scandendo le nostre giornate e diventando un gigantesco diario delle piccole e grandi imprese centrate dalla nostra squadra. Immancabile il nostro confronto al termine di ogni partita del Palermo di cui Francesco era un grandissimo tifoso. Mi prendeva in giro dicendomi di non essere abbastanza rosanero a causa di una malattia congenita, l’interismo, che mi ha colpito alla nascita. Per farmi arrabbiare era capace di sfoderare battute e sfottò anti interisti che neanche il peggior juventino riuscirebbe a pensare. Francesco era fatto così: si divertiva a mettere alla prova i limiti della pazienza dei suoi compagni di viaggio, forse per testarne la tenacia e la capacità di incassare. E io gli dicevo sempre che contro un interista sotto questo punto di vista cascava male. Chi è sopravvissuto al “cinquemaggio” (tutto attaccato) può sopportare tutto.

Era il fratello maggiore che non ho avuto, Francesco. Ci siamo scelti a vicenda, al Giornale di Sicilia, dove io collezionavo contratti a tempo determinato tra lo sport e la cronaca e lui ricopriva il ruolo di vicecaporedattore. Dieci anni bellissimi in cui mi ha insegnato a fare e ad amare questo mestiere, dieci anni al termine dei quali è nato il nostro sogno. Un giornale nostro. Nacque così I love Sicilia, una mattina di gennaio 2006 in cui io e il mio grande amico e compagno di vita, Salvo Toscano, siamo stati chiamati da Francesco che ci presentò Giuseppe Amato: “Ragazzi, facciamo un giornale nostro, è arrivato il momento di accendere i motori”. E da lì ebbe inizio tutto.

Le riunioni all’alba, notturne ed estemporanee. Le passeggiate per le edicole ogni venerdì di uscita di I love Sicilia per vedere quanto vendeva la nostra creatura in una mattinata, le estenuanti prove grafiche alla ricerca della perfezione in copertina, la caccia al titolo più bello che spesso è arrivato al terzo boccale di birra. Momenti indimenticabili, seguiti sempre da altre entusiasmanti sfide editoriali, professionali, umane che negli anni cementavano sempre più la nostra squadra.

Con gli occhi pieni di lacrime, a poche ore dall’ultimo saluto a Francesco, ci sarebbero mille altre storie ed aneddoti da raccontare. Ma bastano solo due parole per esprimere il tumulto di sentimenti che caratterizza questo momento: grazie Ciccio.


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