Un nuovo partito? No, grazie | I dem non se ne vogliono andare - Live Sicilia

Un nuovo partito? No, grazie | I dem non se ne vogliono andare

Gli scenari di una nuova formazione evocati da Faraone e Sammartino non fanno proseliti tra i big del partito.

Un nuovo partito? No, grazie. Il Pd siciliano, dopo tanto marasma, scontri fratricidi e guerre di carte bollate, sembra aver trovato qualcosa che mette tutti (o quasi) d’accordo. Ossia l’idea di restare comunque e malgrado tutto nel partito, senza farsi sedurre dalle sirene di avventurosi progetti di scissione. Scenari questi ultimi prospettati, fin qui in perfetta solitudine, solo da due big dem, il catanese Luca Sammartino, che ha parlato a più riprese di una “nuova casa” politica, e il defenestrato Davide Faraone. Dopo che il renziano palermitano è stato deposto dalla commissione di garanzia del Nazareno che ha annullato il congresso regionale della discordia, Faraone ha parlato ai giornalisti della possibilità di dar vita a un nuovo progetto politico se il Pd dovesse proseguire in ammiccamenti ai 5 Stelle. Un concetto ribadito dal suo dante causa politico Matteo Renzi pochi giorni dopo. Ma su questa strada, il senatore ex segretario si è ritrovato praticamente solo. Anche i fedelissimi della cerchia più ristretta hanno preso le distanze su questo punto. L’ignoto di un nuovo progetto tutto da inventare, con lo spauracchio delle elezioni anticipate a ottobre che aleggia pesante sulla politica nazionale (e che nelle ultime ore è diventato quasi una certezza) non affascina i dem siciliani. E così per i renziani è scattato il rompete le righe. Michele Catanzaro, ad esempio, ha aderito al gruppo dei quattro “pontieri”, i deputati regionali che hanno lanciato un appello per superare il virus del correntismo esasperato, ribadire l’unità del partito e dare ascolto al territorio. Nello Dipasquale, promotore dell’iniziativa presentata all’Ars nei giorni scorsi, dice che “tanti amministratori locali hanno manifestato attenzione e apprezzamento al progetto” e che a settembre dovrebbe esserci un evento. Con Dipasquale, già renziano ma con Zingaretti al congresso, c’erano anche Giuseppe Arancio e Baldo Gucciardi. Ma per il battesimo della “corrente anti-correnti” in sala c’erano, da osservatori, anche altri due deputati regionali, il renziano messinese Franco De Domenico e il siracusano Giovanni Cafeo, vicino agli orfinaini alleati di ferro di Renzi. Questi ultimi iin Sicilia con Fausto Raciti stanno riorganizzandosi e si sono ribattezzati “New deal”. Qui confluiranno i “Partigiani dem”, il gruppo nato all’inizio in chiave anti-renziana e poi diventato alleato di ferro di Faraone, con l’approdo di Antonio Rubino alla carica di vicesegretario. Raciti e compagni restano critici verso la “vecchia guardia” ma ribadiscono a ogni buona occasione di voler condurre la battaglia dentro il partito.

Insomma, dal Pd di Zingaretti nessuno o quasi pensa di traslocare al momento. E l’apertura della crisi di governo delle ultime ore probabilmente rafforzerà questo trend perché non c’è più tempo per attrezzare progetti alternativi extra-Pd se davvero si voterà in autunno. Tanto più che dall’altra parte, i centristi del centrodestra dove spadroneggia Matteo Salvini non danno segnali per tendere la mano ai centristi dem per dar vita a un’area moderata e liberaldemocratica. In Forza Italia si aspettano le mosse del Capitano sperando che sopravviva il vecchio centrodestra. E i sogni di centro restano congelati. Aspettando le mosse di Renzi, sulla cui uscita dal Pd da qui alla fine dell’estate avevano scommesso con insistenza i quotidiani nazionali. Prima però che il voto anticipato si facesse così vicino.


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