Un palermitano alla corte di Jacko - Live Sicilia

Un palermitano alla corte di Jacko

La morte della star
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Giuseppe M. si chiamava e si chiama quel ragazzino spaurito, metà artista e metà spaventapasseri, che un giorno non so come mi chiamò per dirmi: “Sa, vorrei che lei scrivesse un pezzo. Sono palermitano ho conosciuto Micheal Jackson”. Io stavo per riattaccare. Ecco il solito mitomane. Ma c’era qualcosa nella voce che mi costrinse a non posare il telefono. Era un sibilo accorato. Era un accento di strana e incredibile verità. Appuntamento fissato per il pomeriggio. Giuseppe M. si presentò: un mingherlino tutto occhi febbrili e mani che non smettevano di muoversi. E, nella mano destra,  il cimelio. La foto di Giuseppe M. con uno che somigliava come una goccia a Micheal J. Era Jacko in persona, in una camera d’albergo. Come era accaduto? Questa è la storia. Giuseppe M. è molto bravo a disegnare. Si era assiepato insieme a una foresta di fan davanti all’albergo della star con un maxi-disegno sull’olocausto. “Sono stati i gorilla di Micheal a chiamarmi e a farmi salire in camera – narrava il palermitano accolto alla corte del re -. Lui ha voluto vedere il mio disegno da vicino. Mi ha detto cose carine, mi ha salutato con affetto. Sono stato parecchio tempo con lui e col suo staff nella sua camera d’hotel. Non lo dimenticherò mai”. Domanda: come è Mike in privato, per quanto tu ne possa sapere? Giuseppe M: “Delizioso, umano e cordiale, per quanto io ne possa sapere”.

Oggi, nell’ora della fine di Jacko immortalata da una foto troppo umana con una barella, abbiamo cercato a lungo Giuseppe M. a un vecchio numero di telefono. Non l’abbiamo trovato. Lo immaginiamo sperduto in un orizzonte di lacrime come tutti quelli che amavano Jacko. Solo che lui gli ha stretto la mano per davvero, ha sentito un odore, ha percepito il contatto. Un po’ come incontrare gli alieni dal vivo e non solo nei film di E.T. Per questo adesso lo immaginiamo così Giuseppe, sperduto in un mare di pianto. Lo vediamo reclinato su quella sua foto a piangere, come se gli fosse morto un padre. E vorremmo dirgli solo questo, una vecchia frase di un saggio o di un matto: anche le stelle si spengono, ma l’importante è conservare la memoria della luce riflessa nella tua mano.


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