Un viaggio - Live Sicilia

Un viaggio

Parole che giungono da un passato in cui un bambino di quattro anni aveva appena conosciuto l’amore, il primo della sua vita, forse quello più doloroso da veder svanire nel tempo fino a rinunciarvi.

Primavera, una inaspettata sensazione di pace mentre l’autostrada è un nastro argentato sotto i riflessi del sole che prima di tuffarsi nel mare gioca a rincorrere le onde. Come soldati che, dopo una lunga battaglia ed ormai stanchi di combattere ed al riparo dagli affanni della guerra, abbandonano elmi, scudi e corazze per lasciare che il ricordo presti la voce ai sentimenti di un tempo ormai lontano.

La melodia del sax indimenticabile di Gato Barbieri accompagna la storia di un amore rimpianto, le emozioni filtrano come lame di luce attraverso una cantina buia che troppo a lungo ha tenuto prigionieri dolorosi ricordi. Parole che giungono da un passato in cui un bambino di quattro anni aveva appena conosciuto l’amore, il primo della sua vita, forse quello più doloroso da veder svanire nel tempo fino a rinunciarvi. Ricordi di infanzia, una camicia a quadretti, una salopette di velluto, capelli ricci e ribelli in cui giocavano a nascondino gli aghi di pino ed una pigna in mano da offrire in dono con il sorriso vispo di chi cerca approvazione; già allora desideroso di leggere nei suoi occhi l’orgoglio per la sua piccola impresa, la prima della tante che avrebbe voluto dedicargli per renderlo fiero di sé.

Erano giorni di vacanza trascorsi in montagna e tutto aveva la dimensione dell’infinito; in una vita ancora tutta da scoprire ne cercava lo sguardo come una bussola in grado di guidarlo sempre verso la giusta direzione; ne rivendicava già allora con malcelato compiacimento la somiglianza e si sentiva parte di tutto ciò che riteneva per lui fosse importante. Ne emulava gesti, parole, vezzi, anche quelli apparentemente insignificanti; il cuore pieno di orgoglio ogni volta qualcuno ne coglieva le somiglianze fisiche ma, ancor più, i comuni tratti caratteriali.

Attraverso le note il viaggio nel tempo procede sempre più rapido, a strappi; immagini sempre meno nitide in controtendenza con il tempo che si approssima perché l’istintivo senso di protezione porta a custodire i ricordi più belli – anche se remoti – e rimuovere – fino a disintegrarli – quelli più vicini e dolorosi. Come in un filmato super8, le immagini scorrono veloci: quel bambino è cresciuto, maturato, eppure si sente sempre più lontano mentre cerca di trovare una spiegazione, di capire quando in quelle vite così vicine è intervenuta l’inversione di rotta, impercettibile, un grado dopo l’altro, fino ad allontanarle.

Dilata il tempo fino a volerlo arrestare nel tentativo di cogliere quel momento e cercare di cambiare il destino per riscrivere non soltanto il passato ma, soprattutto, il futuro che esso ha inevitabilmente segnato. Cerca quel particolare, non lo trova e si sente colpevole; la sua vita, adesso sarebbe diversa perché avrebbe un fantasma da combattere, da sconfiggere oppure, semplicemente, da allontanare. Adesso, invece, si ritrova un’ombra da portare sempre con sé come un fardello che rende il cammino pesante, stanco, lento agli occhi di chi non riesce a scorgere ciò che lo accompagna o di chi, semplicemente, non se ne cura. Mentre la musica sfuma e la coscienza ritorna presente, in essa rimane impresso a fuoco l’eco di parole che ricordano, ancora una volta, che ormai “non c’è tempo per scoprire, tempo per cambiare cosa abbiamo sbagliato”.


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