Una danza clandestina al Massimo| La bellezza di Palermo è già qui - Live Sicilia

Una danza clandestina al Massimo| La bellezza di Palermo è già qui

foto di Rosellina Garbo

Una serata in piazza Verdi. Per riscoprire la meraviglia.

Il concerto e....
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3 min di lettura

Palermo sarà bellissima. Ma forse già lo è. Basta alzare lo sguardo dalla polvere.

La sera prima dei botti Capodanno. L’orchestra del Teatro Massimo prova le musiche del concertone. La filodiffusione irradia la melodia in piazza Verdi. C’è tutto Strauss con lo scintillio cristallino delle note di un altro tempo. Fa freddo. Poca gente. Un paio di ragazzine smanettano con lo smartphone. Nonna e nipote passano in rassegna le vetrine illuminate.

A un certo punto accade. Qualcuno – un valoroso che non teme lo sberleffo dell’altrui immobilità – azzarda una figura di danza. E’ come il segnale che apre il confine di un altro mondo. Le persone ai piedi della scalinata, inizialmente, osservano quel ballerino isolato. La sorpresa, a poco a poco, si trasforma in condivisione di carne e sentimenti, non su facebook.

In piazza Verdi, cominciano a danzare quasi tutti. Le due ragazze dello smartphone. Una coppia di anziani che ondeggia sulle bollicine di champagne della Tritsch Tratsch Polka. Altre ombre dalla filigrana azzurrina incalzano. Il buio protegge un improvviso innamoramento collettivo. Le luci dei lampioni, piegandosi, accompagnano l’umpappà del valzer. Era appena ieri.

Ecco la bellezza vera e forse ingannevole di Palermo: la sua capacità di sorprenderti dopo secoli di ignavia per raffigurare uno struggimento che colpisce al cuore. E non c’entrano le diatribe sul sindaco e sulla politica, né i percorsi della nostra rassegnazione, né le elezioni venture, né la Ztl. Questo conta fino a un certo punto.

Palermo sa fare altro, oltrepassando il calendario e la cronaca delle sue disillusioni, mettendo in scena una profondità che confonde, scomunicando la sua apparente piattezza solo ciaffico e distintivo. Sa distillare un’inconsueta magia, il riflesso di qualcosa che non capisci e che, però esiste, per manifestarsi e stemperare le nostre condanne senza appello, per superare le nostre Zone ad Amore Limitato.

Palermo è lo specchio fatato che rimanda Vienna in un riflesso invernale. E ti sembra di essere lì ad ascoltare il grande e compianto maestro Georges Pretre mentre batte la cadenza della marcia di Radetzky. Palermo è la fiaba che ti avvolge, con la paura di smarrirsi. E ti seduce, perché riesce a non essere più Palermo, per come la viviamo da viandanti distratti, nell’arco della sua fuggevole eternità.

Bisogna pur riconoscerlo: alcune cose sono state fatte e bene. L’investimento sulla bellezza è politica intelligente; non vanta mai un credito impalpabile, prepara la speranza di domani sulle incertezze di oggi.

La magia ha avuto la sua splendida appendice. Il concertone del Massimo è stato un successo che va ascritto all’impegno e alla competenza di chi presta la sua opera in un’isola felice. L’incasso – 52 mila euro – è stato devoluto in beneficenza.

Ma, più che l’appuntamento di gala, si lasciano conservare la memoria di una piazza che si abbandona all’incanto perché così ha deciso, per passione e ribellione; i viaggiatori – protagonisti e controfigure – di una serata clandestina. Resta soprattutto questo nel taccuino dello stupore, mentre nonna e nipote procedono, l’una con un braccio sulla spalla dell’altra, e svaniscono, laggiù, nell’ombra azzurrina della strada, quando la musica diventa una rarefazione di rimpianti.

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