"Una gamba per pagare i debiti" | Cronache da una Palermo disperata - Live Sicilia

“Una gamba per pagare i debiti” | Cronache da una Palermo disperata

Il racconto di alcune vittime e complici dell'inchiesta sulla truffa alle assicurazioni.

PALERMO – Sono arrivati uno dopo l’altro negli uffici della squadra mobile. Tutti convocati dai poliziotti e tutti con i segni evidenti del massacro. I più fortunati zoppicavano. È andata andata peggio a chi ha bisogno di qualcuno che spinga la sedia a rotelle. Per mesi in piazza della Vittoria si è assistito a una processione di invalidi, alcuni in maniera permanente. In cinquanta hanno ammesso di essersi prestati ad un gioco sporco e doloroso.

È talmente sottile il confine fra l’essere vittima e il diventare complice che anche loro sono indagati nella maxi inchiesta sulla truffa alle assicurazioni. È nel sottobosco di una Palermo disperata che si muovevano gli spaccaossa per reclutare la gente disposta a farsi fratturare una gamba o un braccio per alcune centinaia di euro.

Li adescavano fra gli sbandati che si aggirano di notte alla stazione centrale o che si perdono dentro uno, due… dieci bicchieri di vino in una bettola. Vite al limite che varcano il confine oltre il quale muore la dignità umana. Che dignità può esserci nell’accettare un dolore atroce come unica via di fuga dalla disperazione? Il più delle volte oltre a vittime e complici hanno finito per essere anche truffati. Dei soldi promessi hanno incassato gli spiccioli, neppure bastevoli per comprare i farmaci.

C’è chi si era fatto prestare del denaro e non ha potuto più restituirli. “Avevo altri debiti”, racconta. E arrivò la proposta “di farmi rompere un braccio o una gamba per saldare il mio debito”. Lo condussero in un appartamento a Borgo Nuovo e qui “mi hanno fatto mettere per terra, a pancia in giù, e mi hanno scaraventato sul braccio un mattone di tufo di colore giallo. Io sono quasi svenuto dal dolore.

C’è il disoccupato a cui diedero appuntamento in una “casetta di campagna a Bagheria” e “con un peso da palestra mi hanno fratturato tibia, perone, malleolo e radio così come eravamo rimasti”.

C’è la donna avvicinata al bancone di un bar dove “mi hanno offerto tre o quattro birre, poi mi hanno fatto fumare almeno quattro spinelli”. Poi, le spezzarono gli arti inferiori e superiori. Almeno lei ebbe la fortuna che “mi ha fatto due punture, una nel braccio destro e l’altra nella gamba sinistra”. Era un anestetico, probabilmente trafugato in ospedale.

C’è la ragazza, che tutti chiamano “la milanese”, “una vagabonda che avevano trovato alla stazione e che si tenevano a casa in attesa di fratturarla”. Era in lista di attesa. Poi tutti venivano abbandonati per le strade della città in attesa che arrivassero i complici ad inscenare uno dei 150 incidenti falsi scoperti dagli investigatori nel sottobosco di una Palermo disperata.

 


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