Una tazza, una maglietta | Quel senso di Rosario per lo show - Live Sicilia

Una tazza, una maglietta | Quel senso di Rosario per lo show

Rosario Crocetta a Tusa (foto ANSA)

Satira politica. Di tutto il materiale di questi giorni, c'è qualcosa che resterà. Un video (lo trovate in fondo al testo dell'articolo, una volta cliccato) che rappresenta il manuale del Crocettismo. E che spiegherà ai posteri quello che i contemporanei non riescono a capire.

L'intervista video
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2 min di lettura

Il segreto risiede nella tazza. Nell’umile tazza da tè o da caffellatte che diventa – da particolare effimero – l’attrezzo di scena di un’interpretazione magnifica, come la pupilla del cavallo in una famosa inquadratura di ‘Via col vento’, o il celeberrimo occhio della madre che sempre precede la carrozzella col bambino.

L’artificio retorico è dunque nella tazzulella e tè che Rosario Crocetta maneggia, bevicchiando, facendola volteggiare, infine abbandonandola con scruscio di ceramica a corredo della battuta suprema: “Un combattente muore sulle barricate”. Ed è sopraffina arte – da richiamare l’ammirazione a denti stretti di questa satira politica – poggiata sulla sineddoche: sulla parte che declama il tutto. Il tutto è il presidente venuto da Gela, raccontato dal ‘Corriere’ nel suo eremo di Tusa e ritratto in video. Al dettaglio si affida il patema di un animo infilzato dalle inquietudini e da una diceria di intercettati, smentita dalla Procura. La tazzina  che condensa il fragore dell’ira funesta.

Eccola – da vedere e rivedere – l’intervista di Felice Cavallaro, guida negli inferi di questo potere che governa la Sicilia… e le stelle romane stanno a guardare. Da mostrare a futura memoria – infatti, è con spirito da monaci benedettini che la archiviamo – perché spiegherà ai posteri ciò che oggi appare incomprensibile ai contemporanei. C’è Saro al centro, col suo affanno. Il capello scarmigliato. La magliettina azzurrino-sudaticcia. Le frasi smozzicate. “Mi hanno fatto vivere come un lebbroso…”. “Ho l’idea precisa di un complotto…”. “Sarà il Parlamento a decidere, che decida…”. “Non mi dimetto” (si alza) “Combatterò fino in fondo” (afferra la tazza) “Perché un combattente” (rumore di ceramiche) “muore sulla barricate. Non si ritira!”.

Insieme all’oratoria, la gestualità. La camminata. Le pause. Gli scatti. L’apertura della porta che anticipa una melanconica dissolvenza. La drammaturgia minuziosamente centellinata: un po’ commiato di Ciò Ciò San-Madama Butterfly; un po’ saluto alla mamma di compare Turiddu. Quel té (o caffellatte) è generoso. Ed è questo il senso del Crocettismo che sarà senz’altro meglio del Cuffarismo o del Lombardismo, che avrà seminato arcangeli antimafiosi nella terra dei forconi mafiosi, ma che si risolve sempre in un melodramma di voci stonate.

Nella sua sostanza politica, la storia è semplicissima: il colloquio incriminato non c’è – fa fede fin qui la Procura, con la doverosa annotazione dell’insistenza de ‘L’Espresso’ – ma ce ne sono altri, assai descrittivi del baraccone della Sanità Siciliana. Soprattutto, c’è la questione di fondo: Rosario Crocetta non è adatto a governare. Detto, ridetto e stra-detto, a beneficio della sordità del Pd.
Poi, incalza lo show che vorrebbe offuscare il nocciolo della questione, l’inadeguatezza politica mascherata dall’effetto speciale. Uno sceneggiare scritto e riscritto, moltiplicato per cento immagini, per mille parole, che rimbomba dell’usuale grido: ‘Sono vittima di un complotto’.

Peccato che tutti abbiano già capito tutto: il vero dramma del Crocettismo non è mai stato l’articolo de ‘L’Espresso’. Per informazioni chiedere al coro dolente e muto, ai siciliani in platea.

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