Un’anima tra le nuvole - Live Sicilia

Un’anima tra le nuvole

Un incontro a mille miglia d’altezza, ispira un racconto. Tra fantasia e realtà, è questo un contributo inattuale sul complesso rapporto tra uomo e donna.

 

Questa storia, comincia all’aeroporto di Roma, con la sua fiera umana di folla coloratissima ed indaffarata: impiegati, turisti, uomini d’affari, studenti e concorrenti a concorsi pubblici animano con un brusio costante lo spazio e le file ai check-in sono lunghe e lente.

Tra tanti passeggeri in attesa, un ragazzo molto alto ed una ragazza altissima. Non si conoscono ancora, ma forse i loro occhietti, già si sono incrociati per sbaglio o per caso mentre erano sulla navetta che dal gate conduce alla scala mobile dell’aeroplano e nell’indifferenza reciproca si sono ignorati, perché l’unica compagna dei passeggeri contemporanei, è la fretta e tante volte a questa s’aggiunge anche la solitudine.

Questa, è la sgradevole compagnia dell’anima ai giorni nostri e c’è solo da farci il callo, perché tutti tengono le teste ficcate dentro smartphone luccicanti e preferiscono la socialità virtuale e fittizia a quella naturale e carnosa. Siamo sterili compagni dell’umanità, solo se questa è sotto vetro e distante, quando l’umanità in forma di prossima persona, s’avvicina, ci tramutiamo in misantropi e perciò silenziamo le labbra belle che per cortesia e fortuna, fuggevolmente e inaspettatamente, ci salutano. Le persone che superano il metro e ottanta d’altezza, quando prenotano un posto sull’aereo, provano sempre a prendere la poltrona situata in quella fila che è perpendicolare all’ala e che solitamente è più larga rispetto alle altre, di modo da non tenere in gabbia di sedili, le lunghe gambe e non viaggiare scomodamente, perché anche il più breve dei viaggi dura moltissimo (lo dice anche la teoria della relatività!) se privo di piccoli agi che determinano il sorriso al posto del broncio.

Ed era destino che questi watussi dell’umanità, uomo e donna si trovassero ai lati estremi dello stesso posto sull’aereo e s’osservassero con curiosità e complicità (o forse questo lo crediamo, come se alti e bassi, fossero tribù e non accidenti della genetica). Il ragazzo fissò così la ragazza che tentava di sistemare il bagaglio e di sedersi e come tutte le femmine, sentì subito sulla schiena, quegli occhi lessi, di chi, incredulo ammira la sensualità fatta realtà. Il ragazzo, mannaggia a lui, non aveva letto Baudelaire, il maledettissimo poeta di Francia, altrimenti a vederla avrebbe pensato all’albatro della poesia, a quel principe delle nuvole ed avrebbe paragonato la ragazza alla principessa delle nuvole, le gambe sue alle ali dell’uccello signore dei mari e nella fenomenale altezza avrebbe intravisto l’abisso dell’anima d’una meraviglia.

I neuroni del ragazzo però ignoravano le pagine del poeta e forse erano anche mal funzionanti, perché, quando la ragazza giro il viso morbido verso di lui e a fior di labbra disse “Ciao”, quello confuso e intimidito oppure scortese di suo, invece di balbettare un saluto, si lasciò andare ad un panegirico che si sarebbe potuto titolare: Sulla brutta altezza delle donne. Eh già, perché disse alla ragazza che era troppo alta e che tutte le ragazze alte che lui aveva visto nella sua vita erano maschie giocatrici di basket, spalle larghe e femminili come un rutto ad una partita di pallone. Parole queste, vomitate a voce alta sulla faccia della giovane donna, che senza trasalire e sbigottire, storse il naso all’insù e pensò, che anche lei fino a qualche anno prima aveva giocato a basket e che quel ragazzo doveva essere nella migliore delle ipotesi un maleducato e nella peggiore un disadattato. Perché dire gratuitamente cose così lerce ad una ragazza sconosciuta che candida, saluta perché si sente osservata, è cosa parecchio strana e tentare di conquistarla con considerazioni estetiche prive di fondamento è cosa da cretini. Eppure la ragazza, che come l’albatro tiene la sua anima tra le nuvole fu sollevata dallo sgarbo antiromantico del watusso suo simile, perché quelle parole rivelarono l’anima confusa d’un inetto e la voce d’un burino, due qualità queste, non proprio rare e uniche e nemmeno attraenti ad onor del vero.

Per il resto del breve viaggio, non si rivolsero più nessuna parola e lei aprendo un libro per non essere più disturbata da nessuno, pensò, che un giorno, avrebbe raccontato ad uno scrittore di questo episodio e quello forse, avrebbe magicamente compreso, che un’anima come la sua, che per scelta di natura sta tra le nuvole, è preziosa e che abbisogna di poesia e parole per alimentarsi e delle considerazioni sbilenche d’un burino lei e lo scrittore avrebbero riso assieme, perché l’avrebbero messo, lui così alto, in un posto stretto tra le righe d’un racconto, condannato a restare in eterno nella poltrona più scomoda d’un aereo di carta e senza potersi lamentare con nessuno di questa punizione letteraria.


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