"Internazionalizzazione, governance| Ecco il mio programma" - Live Sicilia

“Internazionalizzazione, governance| Ecco il mio programma”

Vito Ferro

Intervista al professore Vito Ferro, candidato alla carica di rettore dell'Università di Palermo: "Dobbiamo riprendere i contatti con il territorio".

l'intervista con Vito Ferro
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4 min di lettura

PALERMO – Governance, accreditamento periodico e internazionalizzazione della ricerca: ecco le priorità di Vito Ferro, 54 anni, candidato alla carica di rettore dell’Università di Palermo. Ferro, professore ordinario di Idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali, è stato fino allo scorso 28 febbraio prorettore vicario dell’Ateneo e delegato da Lagalla per svariate attività.

Professore, perché ha deciso di candidarsi?
“In questi ultimi sei anni e mezzo ho maturato, svolgendo il mio ruolo di prorettore e di delegato dal rettore per alcuni compiti, una notevole esperienza amministrativa e una conoscenza dell’Ateneo e del sistema universitario nazionale. Esperienza e competenza sono due doti fondamentali per un rettore: stiamo parlando di un ruolo politico, ovvero che ha la responsabilità di dare un indirizzo strategico, ma che implica anche una profonda conoscenza della macchina universitaria. Le tasse degli studenti o l’accreditamento dei corsi di studio sono temi che condizionano profondamente la vita accademica”.

Quali sono le sue priorità?
“Io ne ho individuate tre: la governance dell’Ateneo, l’accreditamento periodico della sede e dei corsi di studio e l’internalizzazione della ricerca. Sono questi i temi su cui bisogna intervenire subito. Partiamo dalla governance: l’Ateneo ha un nuovo statuto, sono scomparse le facoltà e ora abbiamo dipartimenti, scuole e corsi di studio. Vanno chiariti in modo univoco i rapporti tra questi organismi. Lo studente, che è il principale attore dell’università, si iscrive a un corso di studio che è il suo punto di riferimento; poi il corso fa riferimento a un dipartimento. La sostenibilità di un corso di studio di basa sulle risorse umane e strutturali: vanno quindi rimessi in linea i rapporti tra dipartimenti e scuole. Non tutti gli Atenei hanno istituito le scuole che servono al coordinamento trasversale dei corsi di studio e ad ascoltare le esigenze dei dipartimenti con una finalità didattica, insomma si occupano dell’offerta formativa. E’ cambiato anche il ruolo del Senato accademico e del consiglio di amministrazione: in questo momento hanno pesato più le questioni di bilancio rispetto agli indirizzi politici e su questo bisogna intervenire. Il Senato deve riappropriarsi del suo ruolo e il consiglio deve compiere un’azione di verifica di sostenibilità economica di quanto proposto dal Senato”.

Perché l’accreditamento è una priorità?
“L’accreditamento periodico è una procedura di valutazione a cui l’Ateneo si sottopone: quest’anno ci sono a Palermo 122 corsi di studio, tutti accreditati dall’Anvur. Palermo è uno dei cinque Atenei ad aver ricevuto l’accreditamento della sua intera offerta formativa, ora c’è però l’accreditamento periodico il cui obbligo scatta nel 2017. Noi per il 2015 abbiamo deciso di non autocandidarci, ma se sarà rettore nel 2016 sosterrò la nostra autocandidatura all’accreditamento. Quello periodico durerebbe cinque anni, ma in caso contrario rischieremmo la fusione con altri Atenei: dobbiamo pertanto mettere in sicurezza e tutelare gli studenti e i docenti, per questo l’accreditamento è necessario, dobbiamo salvaguardare il sistema universitario palermitano. Chi pensa di fare a meno di questa procedura, non ha capito cosa rischiamo. Nel 2014 sono stati accreditati 3 atenei, nel 2015 10 atenei si sono autocanditati per l’accreditamento periodico e tra questi noi non ci siamo. Vorrei ci fossimo nel 2016”.

Passiamo alla ricerca…
“Dobbiamo internazionalizzare la ricerca, attingendo risorse dalla Ue: ci sono tante opportunità, nel recente passato sono stati fatti passi in avanti ma il nostro sistema è ancora troppo artigianale. Serve una struttura ad hoc per fare rete con altri Atenei, per affrontare le varie fasi del progetto, dalla redazione alla rendicontazione, con competenza non solo scientifica ma anche amministrativa e gestionale”.

L’Università dovrebbe formare i giovani per favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro, ma spesso si assiste a una separazione tra mondo accademico e imprese. Come può essere colmata?
“Il nostro è un contesto in cui le aziende non sempre sono collegate con i corsi anche nei casi, come Scienze del turismo e Archeologia, per i quali questo collegamento con i portatori di interesse è possibile. Si pensi che abbiamo ad Agrigento il secondo parco archeologico italiano. Purtroppo il mercato del lavoro è ormai globalizzato e molti dei nostri laureati trovano lavoro al di fuori della Sicilia. L’aspetto aziendale ha dei limiti, specie in questo momento: un laureato in ingegneria magari segue la Magistrale a Torino perché spera che un’azienda che gli offra un’opportunità. Ma questo non significa che non dobbiamo porci il problema”.

Che rapporto deve esserci fra Università e città?
“I rapporti con gli enti territoriali vanno consolidati: il Comune di Palermo può essere un partner ideale. Lo studente fuori sede ha delle esigenze, dobbiamo capire cosa potergli offrire e per questo va ripreso il rapporto con gli enti del territorio. Pensiamo al decentramento: abbiamo corsi di laura su Trapani, Agrigento e Caltanissetta. Supponiamo per assurdo che qualcuno decida di chiudere un corso di laurea a Trapani: lo studente potrebbe non studiare più, per esigenze economiche, oppure decidere se venire a Palermo o andare altrove. Il rischio è che la nostra università non venga scelta perché alcuni servizi di contesto sono maggiormente difficoltosi qui piuttosto che a Pisa”.

Cosa vuole dire invece ai docenti?
“Se diventerò rettore alla fine del mandato tornerò a insegnare e a fare ricerca, non ho altre aspirazioni”.


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