(rp) “Aveva già minacciato la moglie di morte e l’aveva fatto davanti ai carabinieri. Litigavano in continuazione. Lui era geloso e si presentava in piena notte a casa della ex”. E’ la testimonianza di una vicina ai margini della macelleria di Trapani. Tutto parrebbe nato da un riflesso che abbiamo più volte raccontato: la follia di un uomo che non accetta la libertà di una donna. E’ un paradigma frequente che non sempre – per fortuna – sfocia nell’estrema dissolvenza di un delitto. E’ un ritornello di cronache e biografie che accusa il maschio contemporaneo. Lo fulmina nelle sue insicurezze. Lo congela nella sua identità di bambino, incapace di sopportare una mutilazione affettiva.
Sì, non siamo in grado di affrontare l’orizzonte con la forza dei ragazzi cresciuti. Non sappiamo ricollocare le tessere del puzzle all’indomani di una rottura. Ed esercitamo, con la violenza materiale o morale, in una vastità di chiazze molto più grande di quanto emerga, il diritto sacro del nostro orgoglio ferito. Perché di questo si tratta: non di un legame tra persone. Ma della sfrontatezza insopportabile di una “cosa” – la donna, anzi la femmina – che decide di andare per conto suo. Ecco perché gli uomini amano le femmine. E odiano le donne.