PALERMO – Dai venditori ambulanti ai titolari di attività in fase di apertura. Nessuno sfuggiva alla famiglia mafiosa di Carini, pronta a battere cassa per tenere sotto scacco i commercianti del territorio. Nonostante il muro d’omertà che si è alzato di fronte ai numerosi episodi estorsivi, gli investigatori sono riusciti a ricostruire il meccanismo che seminava la paura nel territorio gestito da Antonino Di Maggio, al vertice della cosca.
Minacce e intimidazioni erano all’ordine del giorno e per chi non si piegava venivano pianificati “spiacevoli incidenti”. Anche vendere il pesce per strada non era possibile senza il benestare di Di Maggio e dei suoi fedelissimi, primo su tutti, Vincenzo Passafiume, “accompagnatore” e autista del capomafia. E’ proprio quest’ultimo ad autorizzare un ambulante, un ragazzo appena uscito da galera che voleva avviare l’attività per le vie di Carini e che aveva già sborsato 450 euro.
La conversazione tra il collaboratore di Di Maggio ed un uomo, è stata registrata dalle microspie ed è finita tra le intercettazioni dell’inchiesta che ha portato a nove arresti: “Suo cognato è uscito di galera e sì è comprato una lambretta per vendere pesce…questo, parente dell’agente finanziario. Lui me l’ha fatto l’assegno di 450 euro…Trecento te li do a te, ma penso che in settimana però ti completo…si vuole mettere a vendere pesce, si vuole mettere dalle parti di Facile (un negozio di ferramenta sulla statale 113, ndr). Io gli ho detto che secondo me, non rompendo i coglioni a nessuno…”
A questo punto, Passafiume chiede al suo interlocutore se in quella zona si trova qualche attività simile: “A chi è che rompe i coglioni lì? C’è quello del Bivio, ma la distanza c’è…minchia è lì sotto (ndr, Bivio Foresta). E’ possibile che mi chiamano però…
“Allora Vicè, fagli sapere se lui si ci può mettere, perché quel ragazzo si vuole mettere a lavorare. E ha, ripeto a dire..”
“Ma più in là non si può mettere, questo la lambretta già se l’è comprata? Faglielo mettere, caso mai poi ce la discutiamo”.
Insomma, il venditore ambulante avrebbe potuto collocare il mezzo coi prodotti ittici sulla statale, ma senza “disturbare” un altro commerciante che si trovava a distanza di alcuni metri. E per chi non si piegava, c’erano le maniere forti. Poche settimane prima, infatti, un uomo “non gradito” dal clan, doveva essere allontanato. Per farlo, Di Maggio e Passafiume avevano escogitato un piano: incendiare le auto parcheggiate nelle vicinanze, come emerge dalla conversazione con una terza persona:
“Questi sono quelli che stanno facendo tutto…la zona vostra la stanno distruggendo…un estraneo non ci si può mandare? Loro se ne devono andare! Io non me lo ricordo a questo…dobbiamo vedere come dobbiamo fare con questo per farlo andare via, dobbiamo vedere come…”
“Se deve andare via – diceva Di Maggio – gli fate danno e lui se ne va. È
normale questa cosa. Te lo dico io come devi fare? Allora lo devo dire ad un altro. E’ facile facile, esci la macchina tua e di qualche amico e prendi e li bruci tutte, tutte a tappeto! Perché appena prende una prendono tutte! Butti un cerino e te ne vai…”