PALERMO- La marcia di Giancarlo Cancelleri verso Palazzo d’Orleans è cominciata. In anticipo rispetto ai suoi principali competitor che al momento restano senza volto e nome. Il deputato regionale di Caltanissetta è stato scelto dai grillini per riprovarci, cinque anni dopo. La sua prima promessa è stata quella di tagliare gli stipendi dei deputati dell’Ars. Un refrain molto in stile grillino. Ma la proposta del candidato a 5 Stelle prova ad andare oltre lo slogan populista. E a rivolgersi a una platea ampia, per vincere. Una platea che include regionali e imprese, anche confindustriali. Senza escludere, e questo è un elemento politico degno di nota, alleanze post voto all’Ars.
Onorevole Cancelleri, la sua prima dichiarazione è stata una promessa di tagli agli stipendi dei deputati. Lei sa bene che si tratta di somme che sono una goccia nel mare del bilancio della Regione.
“Io infatti ho parlato di un biglietto da visita nei confronti dei cittadini. Occorre fare capire che l’aria è cambiata se vuoi essere credibile. Noi dobbiamo parlare chiaro e raccontare di una terra che non sta passando un bel periodo: ci sarà bisogno di fare sacrifici. Ma chi va a governare deve fare i sacrifici per primo. Poi vengono tutti gli altri. Noi diciamo basta con nuove tasse e nuovi mutui che lasciano debiti sulle spalle dei siciliani. Poi, certo, bisogna mettere mano a situazioni ben più corpose”.
Partendo da cosa?
“La riorganizzazione delle partecipate regionali e degli enti finanziati dalla Regione. Questo viene chiesto a gran voce dalla Corte dei conti da quattro anni e questo governo non lo ha fatto mai. Accorpare o eliminare ci permetterebbe di risparmiare circa 300 milioni di euro che sono una cifra enorme per il nostro bilancio così ingessato”.
Ecco, il bilancio. Dopo la vicenda della parifica non concessa dalla Corte dei conti, chi si siede a Palazzo d’Orleans non finisce per sedersi su una polveriera?
“Chi si siede a Palazzo d’Orleans la prima cosa che deve fare è chiedere alla Corte dei conti immediatamente una verifica con una due diligence, noi la proponiamo da sei-otto mesi. Un controllo molto approfondito sulle singole voci di entrata e di uscita della Regione. Lo ha detto anche il presidente Graffeo. Dobbiamo verificare che non si stiano facendo favori a nessuno. Chi più qualificato della magistratura contabile? Non dobbiamo avere paura, però. Ci vuole una grande spinta da parte di tutti ma i margini di manovra ci sono”.
Avete un’idea di come ripensare i rapporti con lo Stato?
“Non dobbiamo dimenticare che questi sono stati gli anni delle rinunce ai contenziosi. Ci siamo accontentati degli spiccioli rispetto a quello che poteva essere qualcosa di importante: non elargizioni, ma soldi che ci spettavano. Bisogna cambiare. Intanto dobbiamo partecipare alle conferenze Stato-regioni e farlo con il presidente della Regione, ci vuole un’autorevolezza a quel tavolo. Poi dobbiamo chiudere un accordo fiscale con lo Stato”.
E per gli enti locali vicini al collasso che piano avete? Dalle province, vittime della disastrosa riforma? E i comuni alle prese con le difficoltà dei bilanci?
“Noi dobbiamo aprire una nuova fase di dialogo con i sindaci che sono il front office dei cittadini: quando un cittadino ha un problema va sempre dal sindaco a chiedere aiuto o a lamentarsi. C’è un problema da un punto di vista delle risorse. Andiamo sempre a erodere anno dopo anno il fondo relativo ai Comuni. Però dobbiamo cominciare a fare crescere i territori tutti nello stesso modo. Ci sono comuni come Ragusa che hanno messo su un ufficio per intercettare bandi europei, ci sono altri comuni che non hanno la stessa fortuna e ti passano milioni di fondi europei davanti senza che li intercetti. Voglio per questo una sezione di un assessorato di innovazione e controllo per aiutare i comuni a partecipare ai bandi. I sindaci da parte loro imparino anche a spendere meno e meglio, in collaborazione con la Regione, senza battaglie in buona parte strumentali come quella fatta da Orlando contro Crocetta”.
Su un tema delicato come quello dei rifiuti, come interverrebbe da governatore?
“Col piano regionale dei rifiuti. Noi dobbiamo decidere l’anno in cui elimineremo le discariche dal nostro territorio. Come? Realizzando l’impiantistica prima di avviare la raccolta differenziata, che va implementata facendo risparmiare chi la fa. Ma poi questo rifiuto differenziato deve essere trattato e servono impianti. In quindici anni possiamo portare fuori la Sicilia da questo magma”.
Ma non volete termovalorizzatori per il residuo…
“Assolutamente no. Noi crediamo che il trattamento termico dei rifiuti è una pratica ottocentesca. Prendiamo un rifiuto e lo facciamo diventare un rifiuto speciale. Solo un cretino lo farebbe…”.
Veramente il rifiuto diventa anche energia.
“Secondo me è anche a perdere. Hai comunque delle scorie che richiedono discariche speciali”.
Più in generale sull’ambiente, che è stato un vostro cavallo di battaglia, che proposte avete?
“Gianpiero Trizzino e Angela Foti hanno fatto un lavoro meraviglioso sul piano energetico regionale. Noi abbiamo un’idea: vogliamo uscire dall’utilizzo del carbone e dell’olio esausto nelle nostre centrali energetiche passando a energie rinnovabili entro il 2030. Ma questo passa dalla possibilità di installare panelli fotovoltaici sulle abitazioni e qui dobbiamo rivedere il ruolo delle sovrintendenze. Ricordo a tutti che Papa Francesco ha fatto montare sul tetto del Vaticano un impianto solare. Dobbiamo parlare con le grandi multinazionali che stanno utilizzando il nostro territorio a volte anche in maniera inquinante, ma devono essere pronte a parlare di bonifiche e di riconversione”.
Qualcosa è stata fatta a Gela…
“E’ una grandissima presa in giro. Quella è comunque una pratica che tiene in vita la benzina. Dobbiamo puntare su sole, mare, vento. Se Crocetta è dipendente Eni e risponde a Confindustria che ha contribuito alla sua elezione è difficile aspettarsi scelte diverse”.
Lei ha appena parlato di imprese. Cosa dice ai privati che sono il motore della sofferente economia siciliana e che devono tenere in vita con le loro tasse lo stipendificio pubblico?
“Negli ultimi anni sono stati creati solo posti precari di lavoro pubblico. Io invece vedo un altro futuro. La Regione fa la Regione e dà la possibilità alle imprese di crescere e irrobustirsi con accanto qualcuno che le difende. E che le può sostenere anche col credito. Abbiamo Irfis, Crias, Ircac: questi tre enti perché agiscono in maniera separata? Rendiamo la loro azione più efficiente per far crescere le imprese e farle assumere. E lavoriamo insieme alle associazioni di categoria. Poco fa citavo Confindustria. Ma sia chiaro: io non posso parlare male del contenitore semmai posso avere un giudizio negativo su alcuni esponenti. Ma per esempio trovo che Giorgio Cappello della Piccola industria di Confindustria sia una persona eccezionale per la sua attività”.
C’è un problema fisco in Sicilia?
“Siamo la Regione più tassata d’Italia. Il primo gennaio 2018 queste tasse vanno abbassate”.
E lo stipendificio pubblico lo si lascia intatto?
“Quei soldi per pagare lo stipendio in bilancio ci sono già. Io non sono per tagliare le teste ma bisogna fare come si fa altrove. Rispettare i tetti, che valono anche nelle altre Regioni. Applicare il tetto da 240mila euro per i dirigenti come in tutte le altre regioni, non con il bluff introdotto da Crocetta che lasciava fuori delle voci dello stipendio. Ma dobbiamo anche lavorare sull’immagine dei regionali, che oggi sono invisi all’opinione pubblica. Non tutti possono pagare le colpe di alcuni. Se noi andiamo a governare questa Regione dobbiamo tirare fuori le persone perbene, qualificate e preparate che la politica ha chiuso negli sgabuzzini della Regione. E vi assicuro che ce ne sono tante. E poi abbiamo un’altra idea”.
Quale?
“Entro il 2020-2021 andranno in pensione quasi 5mila persone alla Regione. Dobbiamo pensare alla nuova classe dirigente della Regione. Tagliare gli stipendi ai deputati di finanziare con i risparmi 350 borse di studio per giovani che saranno il futuro della pubblica amministrazione a cui attribuire una riserva per le future assunzioni. E permettere anche ai Comuni di attingere a questo patrimonio di giovani preparati che non lasciano la Sicilia”.
Quanto sarebbe il tetto che applichereste agli stipendi dei deputati?
“Vogliamo passare da 11.100 a 7.500 euro lordi. Abbassando la diaria a 2.500 euro. Così un deputato avrà un netto in busta di 5.000 euro e qualcosa, che è il giusto secondo la mia esperienza”.
Lei ha tanti buoni propositi, ma lo sa che la gente oggi si chiederà: non è che poi si finisce come a Roma con Virginia Raggi?
“Io dico alle persone una cosa. Loro devono guardare il nostro percorso. Non solo alla Regione siciliana. Il nostro gruppo non ha mai avuto divisioni interne, o meglio, abbiamo trovato momenti di sintesi. E questa è una garanzia di un certo stile che è tipicamente siciliano. Un po’ di orgoglio concediamocelo: possiamo essere un po’ migliori di altre parti d’Italia? Parlo dei siciliani in generale. E valutate anche i Comuni dove stiamo governando Non credo che stiamo facendo male. Abbiamo realizzato cose importati a Bagheria, a Ragusa, a Favara, tagliando sprechi, aggiustando i conti. Io chiedo alla gente di valutare queste cose”.
Non è che il vostro feeling con la Sicilia sta calando? Alle ultime amministrative è sembrato ridimensionato.
“Quello non è mai un voto politico, riguarda anche la persona, il candidato sindaco e quant’altro. Siamo stati anche sfortunati. A Scordia, Campofranco abbiamo perso per una manciata di voti. Però non abbiamo preso neanche un Comune, questo dobbiamo dirlo. È una flessione? Forse sì, bisogna imparare dai propri errori e andare avanti per gustarti meglio la vittoria di domani”.
Un’ultima domanda politica: se non aveste la maggioranza, come è accaduto in questa legislatura a Crocetta, cerchereste alleanze all’Ars?
“Siamo un movimento politico che dialoga moltissimo con gli altri. Non vogliamo farlo con chi ha dato dimostrazione di non avere nessuna credibilità. Io non mi sentirei mai di parlare con Forza Italia o col Partito democratico perché non vogliono parlare di programmi ma di poltrone. Se entrasse all’Ars qualche movimento civico che non ha nulla a che fare col passato e noi non avessimo maggioranza saremmo pronti a parlare di programmi. Dal confronto possono nascere solo buone pratiche”.