PALERMO – Sul suo capo è piovuta una sospensione di sei mesi dall’incarico di chirurgo plastico dell’ospedale Villa Sofia, ma Francesco Mazzola non ci sta. Secondo la direzione sanitaria dell’ospedale palermitano il medico avrebbe asportato i tessuti di una piaga da decubito a domicilio di una paziente, poi deceduta, senza avere l’autorizzazione. Da qui il provvedimento disciplinare. Mazzola si difende e scrive una nuova puntata dello scontro che ha reso Villa Sofia una polveriera. Scontro finito sul tavolo della magistratura.
“Il mio nome e la mia attività di medico – replica Mazzola – sono stati inopportunamente accostati all’infausto epilogo che ha riguardato la paziente, facendo passare un messaggio tanto chiaro quanto inesatto: quello che il sottoscritto fosse direttamente o indirettamente responsabile della vicenda. Come allora, ancora oggi non è nota la causa di morte, né tanto meno è noto l’esito delle indagini che, è utile ricordare, sono coperte dal segreto istruttorio ed allo stato attuale non annoverano alcun indagato. Non rimane quindi che attendere con fiducia la conclusione dell’attività di indagine da parte degli organi inquirenti per fare chiarezza sulla vicenda e fornire – prosegue – le dovute risposte a tutti, innanzitutto alla famiglia della paziente ma anche alle varie figure professionali coinvolte”.
Nell’attesa, però, Mazzola sottolinea che “la vicenda non ha rappresentato un fatto isolato e più volte ho visto accostare il mio nome ad articoli di stampa nei quali venivano adombrati pratiche e comportamenti ai limiti della legalità. Questa campagna mediatica coincide con il periodo successivo al mese di aprile del 2013, quando il sottoscritto si è recato presso gli uffici della Procura della Repubblica per denunciare gravi e continue irregolarità cliniche ed amministrative, nel merito delle quali non posso entrare a causa del riserbo degli inquirenti, le cui indagini sono tuttora in corso”.
Su Villa Sofia da tempo si sono concentrate le indagini della magistratura. Il pool di pubblici ministeri coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci sta cercando di fare chiarezza sulla base di una serie di denunce presentate da più parti. I fronti investigativi aperti sono parecchi.
A sostenere le ragioni di Mazzola si schiera la sezione palermitana della Cimo Asmd, Coordinamento italiano medici ospedalieri Associazione sindacale medici dirigenti. Dure le parole del segretario provinciale Giuseppe Bonsignore: “Abbiamo assistito ad un concentrato di notizie false e fuorvianti per le quali fu chiesto con decisione di fermare la macchina del fango a Villa Sofia, manifestando inquietudine e turbamento per una serie di notizie che etichettavano un intero ambiente ospedaliero come regno del malaffare e dove l’ospedale veniva rappresentato come un centro di estetica e una specie di covo di banditi, dove l’illegalità regnava sovrana. Allora, il nostro grido di allarme rimase purtroppo inascoltato. Anzi l’escalation di mistificazione mediatica è proseguita mese dopo mese, giorno dopo giorno, venendo a determinare in tutto l’ospedale un clima di disagio e un malessere profondo che inevitabilmente si riflette nella quotidiana attività con gravi ripercussioni anche sulle attività assistenziali”.
Uno dei maggiori temi di scontro è stata certamente la nomina a primario di Chirurgia plastica di Matteo Tutino, voluta dal commissario Giacomo Sampieri. Una scelta sempre rivendicata con forza dai vertici aziendali per le “qualità del chirurgo” contro la cui nomina lo stesso Mazzola ha presentato un ricorso al Tar ancora pendente.
“Le conflittualità non si sono limitate al solo dottor Mazzola – prosegue la nota di Bonsignore, firmata assieme ad Antonio Iacono -. Ne hanno fatto le spese di questo clima arroventato varie figure tra medici, infermieri ed amministrativi. Abbiamo assistito a ridimensionamenti di ruoli, a vere e proprie epurazioni”. E per concludere la Cimo ricorda che ci sarebbe stato “un calo di redditività sui Drg di oltre 10 milioni di euro, un dato veramente allarmante, non giustificabile né con la presunta riduzione dei ricoveri inappropriati né tantomeno con la bufala delle Sdo (schede di dimissione ospedaliera) codificate in maniera opportunistica in passato, ipotesi ancora tutta da dimostrare e che solo in minima parte potrebbe avere inciso sul macrodato”.
ll riferimento è alla denuncia che Tutino ha presentato nelle scorse settimane. Le schede di ricovero, a suo dire, sarebbero state gonfiate. E i ricoveri in molti sarebbero stati disposti nonostante non fossero necessari. Ecco perché sarebbe naturale un calo del fatturato. Tanto che l’azienda sanitaria annuncia di volere estendere il controllo sulle Sdo anche negli altri reparti e non solo in Chirurgia plastica. Su questo fronte la Cimo tuona con il segretario regionale Angelo Collodoro: “Tra il 2012 e il 2013 si registra una rilevante contrazione dei ricoveri ordinari e in day hospital pari, nel complesso, a 5.519 unità”. E sulle cartelel gonfiate: “Se quanto asserito dal commissario straordinario fosse vero sarebbe uno scandalo di dimensioni epocali. Non si può certo restare nel dubbio”. E così la Cimo chiede, per fare chiarezza, l’intervento della Procura della Repubblica, di quella della Corte dei Conti, dell’assessore Lucia Borsellino e del sindaco Leoluca Orlando.