Venti di guerra a San Giuseppe Jato - Live Sicilia

Venti di guerra a San Giuseppe Jato

Dopo gli arresti del 2013 si era creato un vuoto di potere. E i clan si erano armati.

PALERMO – L’azzeramento del 2013 con il blitz dei carabinieri denominato “Nuovo mandamento” ha rimescolato le carte a San Giuseppe Jato.

Si è creato un vuoto di potere. Per colmarlo si sono affrontate due fazioni. Quella guidata da Gregorio Agrigento e composta da Ignazio Bruno (sorvegliato speciale) e Antonino Alamia (di professione barbiere) e quella guidata da Giovanni Di Lorenzo, soprannominato la morte, operaio edile e pregiudicato che si è preso in carico la gestione degli interessi dei vecchi capi. Su tutti quelli di Salvatore Mulè, storico capomafia che sta scontando diciannove anni di carcere al 41 bis.

All’inizio del 2013 si registra una scia di intimidazioni a persone legate a Mulè. Di Lorenzo capisce che tira una brutta aria e si arma. Nella notte fra il 18 e il 19 gennaio 2014 massacrano i bovini dell’allevamento di Giovanni Longo, un allevatore finito in carcere, accusato di avere trattenuto una somma di denaro destinata ad aiutare la famiglia di Mulè. Il 31 gennaio in una stalla di proprietà di Giuseppe Buscemi Tartarone i carabinieri trovano le armi del clan: due pistole calibro 7.65, un fucile a canne mozze, munizioni e passamontagna. Armi con il colpo in canna pronte per essere usate.

Di Lorenzo resta disarmato e avvia una spasmodica ricerca di pistole. Gliele forniscono un imprenditore edile di Monreale, Antonino Giorlando, e Vincenzo Ferrara di San Cipirello. La situazione sta per esplodere. Il 23 febbraio e il 9 marzo 2014 si cerca una mediazione. Bruno (capofamiglia di San Giuseppe Jato), Alamia (il cassiere), Giuseppe D’Anna (capo decina) si danno appuntamento con Di Lorenzo e l’imprenditore Vincenzo Licari. Viene sancita la pax mafiosa. Così la spiega Di Lorenzo: “Sono stato chiamato da due persone per fare appacciare… facciamo l’appaciata e poi si vede… minchia ieri parole pesanti… io non mi spavento di te, tu non ti spaventi di me… Pitipum, pitipam… tirami… se hai l’abilità di tirarmi… ci deve essere un altro incontro per fare la paciata con tutti”.

Era una pace apparente a giudicare dal fatto che Di Lorenzo avrebbe continuato a cercare armi, tanto che nel novembre del 2014 fu fermato con la replica di una pistola Beretta, modificata. A casa dell’uomo trovato in sua compagnia, Raffaele Bisiccè, c’erano una calibro 10,35 e centinaia di munizioni. La possibile guerra fu stoppata definitivamente.

 


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