Un'oasi di bellezza | sfuggita alle ruspe - Live Sicilia

Un’oasi di bellezza | sfuggita alle ruspe

Viaggio all'interno di una delle più belle dimore di Palermo.

Al n.28 di via Notarbartolo, in prossimità dell’Albero Falcone, dietro una cancellata in ferro battuto con una testa di drago dalle fauci aperte, si erge un edificio, gioiello della grande stagione del Liberty palermitano. Sfuggita al “Sacco di Palermo” degli anni ’60, grazie alla tenacia della sua ultima proprietaria, che non ha mai ceduto alle offerte dei costruttori, Villa Pottino è un’oasi tra gli alti palazzi che la circondano. In questa zona della città, sono rimasti pochi esempi architettonici della Palermo che fu, come la vicina Villa Trabia, e altre, come il vicino villino Messina su via Lo Jacono, un tempo tutte inserite in un sistema di fontane e viali alberati che avevano reso il capoluogo meta tra le più eleganti d’Europa.

Edificata nel 1915 su disegno dell’architetto Ernesto Armò – allievo del Basile – per il Principe Rodrigo Licata di Baucina, la villa fu poi acquistata nel 1941 dal Marchese Gaetano Pottino di Irosa ad un’asta fallimentare. La sontuosa dimora, dalla facciata neorinascimentale, si sviluppa su quattro piani con torretta belvedere (dove si scorge ancora lo stemma dei committenti, un leone rampante e tre stelle) che svetta sul parco di 7.000 metri quadrati con piante rare ed esemplari centenari di Ficus microcarpa e macrophylla, con le loro maestose radici aeree. I saloni del piano terra – che all’esterno presentano superfici in bugnato rustico – sono caratterizzati da boiserie in legno in stile neo-gotico, soffitti cassettonati e pareti con rare decorazioni stencil “a rilievo”, illuminati da vetrate colorate. Per la committenza, Ernesto Armò fece delle grandi innovazioni che non esistevano allora, come il riscaldamento centralizzato, eliminando i caminetti. Infine, nella muratura esterna sono inserite losanghe decorative che ricordano quelle dei palazzi quattrocenteschi della Kalsa, realizzati da Matteo Carnalivarj, come Palazzo Abatellis e Palazzo Ajutamicristo. Il tetto è coronato da elaborati parafulmini in ferro battuto, tipici dell’epoca.

Fino a pochi anni fa era ancora abitata dalla soave Maria Giaconia Marchesa d’Irosa, scomparsa nel 2013 all’età di 101 anni, che nel 1953 aveva sposato Gaetano Pottino, proprietario terriero nelle Madonie e ingegnere collaudatore di aerei. Una delle prime donne siciliane dallo “spirito indipendente”, quando era ancora considerato “scandaloso” per loro lavorare, la giovane Marchesa venne assunta presso l’Eiar, Ente radiofonico di Stato. Successivamente lasciò il “posto fisso” per aiutare la complessa gestione della grande azienda del marito a Borgo San Giovanni, sotto Petralia Soprana. Le storie rocambolesche vissute dalla Marchesa includono anche tre attentati dinamitardi nei portoncini d’ingresso della villa di Palermo nel 1973, attribuiti proprio alla mafia rurale delle Madonie e la conoscenza del suo stimato dirimpettaio, il giudice Giovanni Falcone, costretto ad una vita blindata. Anche il cognato della Marchesa, il magistrato Cesare Terranova, fu assassinato dalla mafia nel 1979, insieme al maresciallo Mancuso.

Villa Pottino è ora in vendita perché indivisibile tra i 19 eredi e nessuno di loro ha intenzione di rilevarla interamente, poiché le spese di manutenzione di un tale immobile sono difficilmente sostenibili, nonostante l’edificio sia stato mantenuto in ottimo stato. La Marchesa aveva anche fatto costruire un ascensore – che lei non utilizzava mai, preferendo fare la scale – per le sue amiche che la venivano a trovare e avevano difficoltà a salire il grande scalone in legno di castagno del salone monumentale. Gli eredi hanno proposto l’acquisto sia agli enti pubblici, dal Comune alla Regione, che agli enti privati, come banche e fondazioni, che qui potrebbero realizzare le loro sedi di rappresentanza, ma ancora senza riscontro. L’auspicio è che ci siano dei filantropi, come i coniugi Valsecchi che hanno acquistato palazzo Butera alla Marina, appassionati dell’arte e della storia che si respira tra le mura di questo nobile edificio.

La facciata della Villa che si affaccia su via Notarbartolo è in realtà il retro dell’edificio, perché l’architetto Armò si era reso conto già allora che via Notarbartolo sarebbe diventato un caotico asse di congiunzione tra il Polo industriale di piazza Camporeale – con le fabbriche Ducrot, ora Cantieri Culturali alla Zisa, e le fabbriche delle ceramiche Florio – e il Porto. Così la facciata principale, con il portico in stile neo-gotico catalano, è orientata all’interno, sul verde del parco. “Quando raccontavo alle mie amiche che questa grande villa era di mia zia”, ricorda Geraldina Piazza, “queste mi rispondevano che non era possibile perché la villa era disabitata e probabilmente popolata di fantasmi, così al buio! Ma non era vero perché le stanze illuminate, abitate dalla zia – lo studio, i salottini, la toletta e la camera da letto – erano tutte sul fronte principale dalla parte interna, verso la via Domenico Costantino. Su questa strada c’è un portoncino pedonale che la zia utilizzava la domenica, quando usciva per la messa in via Terrasanta”. Donna di tempra straordinaria, la zia Mimmì, così è ricordata dai suoi nipoti, attuali proprietari della Villa che è aperta solo per eventi culturali oppure per visite guidate di gruppi che possono prenotare tramite la pagina facebook: https://www.facebook.com/Villa-Pottino-1572996889607693/

 

 

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