PALERMO – Una storia che ci riporta indietro nel tempo. In un passato che, a volte e purtroppo, ritorna. Un passato fatto di violenze e pressioni psicologiche esercitate in virtù dell’assioma, rozzo e medievale, della superiorità maschile sulla donna.
Protagonisti della vicenda, avvenuta a Capaci, sono una ragazza ventenne e uomo di 27 anni, che adesso ha il divieto di avvicinarsi a lei. Un divieto impostogli dalla Procura della Repubblica che lo accusa di avere privato della libertà personale per oltre un’ora la sua fidanzata; di averle detto, stringendole il viso, di essere pronto a farla a pezzi “buttando il corpo in campagna”; di averla picchiata provocandole un trauma cranico guaribile in giorni 10.
Perché tutto questo? Perché, le urlava, “tu sei femmina, devi soccombere, ti devo insegnare io l’educazione, tu non sei niente, devi portare rispetto”. Ed ancora: “Tutti gli schiaffi che non ti hanno dato i tuoi ora te li do io. Se continui a piangere ti ammazzo. Non me ne frega niente di te. Stanotte ti ammazzo”.
I rapporti fra i due non sono stati mai buoni. Liti continue accompagnavano una relazione da subito complicata. A fine ottobre la goccia che fa traboccare il vaso. I due fidanzati cenano a casa di lei, la quale intuisce che il ragazzo ha preso accordi con gli amici per proseguire la serata da solo. Ne viene fuori uno screzio. Mentre discutono restano in panne. Apriti cielo. Lui l’accusa di avere fatto ricorso al malocchio, la strattona, le fa sbattere la testa contro il finestrino. La smisura è colma. La ventenne decide di rivolgersi ai carabinieri che trasmettono la sua testimonianza alla Procura.
Il fascicolo finisce sul tavolo del pubblico ministero Vania Contrafatto che ha chiesto e ottenuto, per il momento, il provvedimento che vieta al fidanzato di avvicinarsi alla ragazza.
