Violenza sulle donne, il giudice: |"Serve una rivisitazione culturale" - Live Sicilia

Violenza sulle donne, il giudice: |”Serve una rivisitazione culturale”

Daniela Monaco Crea, dell'ufficio Gip del Tribunale di Catania, interviene sul fenomeno criminale. "La repressione non è sufficiente".

CATANIA – Una donna al Palazzo di Giustizia. Daniela Monaco Crea, lavora nell’ufficio Gip del Tribunale etneo ed è componente della Giunta Anm di Catania. Schiva con i giornalisti solitamente, per la ricorrenza della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, Daniela Monaco Crea ha deciso di parlare a nome della magistratura catanese.  “E’ una ricorrenza importante – afferma il giudice – ma quello che noi magistrati auspichiamo è una rivisitazione culturale sulla visione della donna”.

Parla di donna sottomessa, di donna vista quasi come “proprietà” Daniela Monaco Crea. Concetti che ancora persistono e sono ancora diffusi in alcuni contesti sociali. E allora il giudice si rivolge direttamente alle donne: “Credete in voi stesse e siate consapevoli delle vostre capacità in ogni settore, sia familiare che lavorativo. Non accettate alcuna condizione di subordine”.

Sul tavolo del giudice Monaco Crea ogni giorno arrivano inchieste e richieste di misure per questo tipo di reati, dallo stalking, alla violenza a quello più grave, dell’omicidio. La Procura di Catania lavora con molta attenzione su questo tipo di crimini che vedono come vittime le donne e le persone più deboli. “Le indagini sono penetranti – afferma Monaco Crea – anche perché molte volte per questo tipo di reati ci si basa soprattutto sulle dichiarazioni delle vittime e delle persone offese. E su questa tipologia di situazione il vaglio del giudice deve essere rigorosissimo. Non deve esserci alcun dubbio”.

Gli indagati e gli imputati di questa tipologia di reati sono “spessissimo persone della cerchia familiare della vittima”.  Non sempre si tratta di uomini dalla indole violenta: questa si manifesta solo nei confronti della ex perché non si accetta la fine della relazione e, soprattutto, la possibilità che chi era la propria compagna diventi quella di un altro. E qui ritorna il concetto di donna proprietà. Una visione che il Gip ha potuto conoscere in molti interrogatori di garanzia. “Lei non fa quello che dico” è la risposta di molti maltrattanti destinatari di una misura cautelare per maltrattamenti in famiglia. Un movente che risiede in molti episodi di stalking o violenza. Diverso quello che si può nascondere dietro un uxoricidio, che molte volte è scatenato da un raptus o si tratta di un delitto d’impeto.

Gli strumenti normativi contro questa tipologia di reati sono cambiati. “Oggi – spiega il giudice – per molti reati si può procedere d’ufficio e non è vincolante la querela, e come pena è prevista la reclusione”.  Fondamentale sottolineare che quando si decide che la misura cautelare più idonea per il presunto maltrattante della convivente o della moglie sono gli arresti domiciliari, è sempre scelto un luogo “lontano da quello dove vive la vittima”.

“Non basta la repressione, però – insiste Daniela Monaco Crea- serve quella rivisitazione culturale di cui parlavo prima – ribadisce il magistrato – e tutto questo deve partire dalla donna stessa”. 


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