PALERMO – Sui giornali e in alcune trasmissioni televisive si ritaglia sempre più spesso dello spazio da dedicare a una parola. La “parola del giorno” o “della settimana”, scelta come chiave di lettura per spiegare un momento politico, un fenomeno o semplicemente una tendenza. Le parole di questi giorni a Palermo, capitale della Cultura 2018 e sede della dodicesima edizione di Manifesta, la biennale d’arte contemporanea europea, sono diverse. Tra queste spiccano: rigenerazione urbana, coesistenza, contaminazioni, integrazione, tessuto sociale, identità, dialogo.
Parole ripescate lo scorso 16 aprile, quando la polizia municipale palermitana ha eseguito l’ordinanza di sgombero firmata dal sindaco Leoluca Orlando nei confronti dell’artista austriaco interprete della public art, Uwe Jantsch e della sua compagna Costanza Lanza di Scalea, che abitavano al terzo piano di palazzo Mazzarino, in piazza Garraffello, nel cuore del mercato storico della Vucciria.
Il palazzo cinquecentesco, che si caratterizzava per bellezza e posizione, da molti anni è in stato di abbandono. La presenza della coppia al suo interno aveva bloccato i lavori di recupero, per cui la Garraffello srl, proprietaria dell’edificio e di altri palazzi storici della piazza, per riqualificarli aveva denunciato l’occupazione abusiva.
Accusa sempre respinta da Uwe – per tutti è solo Uwe – che si rifiutava inizialmente di abbandonare l’atelier dove erano esposte alcune delle sue opere, come la cascata di boccioli di rose dipinta sulla volta de “La stanza della compensazione”, realizzata nel 2016.
“Se di abuso si può parlare – ha sempre dichiarato l’artista originario di Bregenz, la città sul lago di Costanza – trattasi di abuso volontario” con il quale si intendeva provocatoriamente pareggiare un conto in sospeso, un altro abuso, subito nel 2012 dall’Assessorato al Turismo della Regione Siciliana, un credito di 25mila euro ancora vantato. “La stanza della compensazione”, non a caso prende il nome da quel luogo delle banche in cui si svolgono le attività di compensazione di titoli di credito e di debito.
Dopo 19 anni vissuti alla Vucciria, tra le macerie, il degrado, l’incuria, il poliedrico artista che ha arricchito con le sue installazioni (dalla Banca Nazion con tanto di Bancomat, alla Cattedrale di rifiuti), con gli happening e le performance quella piazza del mercato, sorgente continua di creatività, riorganizzandone concettualmente gli spazi, lui che con il suo branding Uwe ti ama è sempre stato lì a ricordare che ci ama, (certamente più delle cieche amministrazioni che si sono susseguite), ha deciso con la compagna di vita Costanza, di andar via. Dopo 144 giorni di occupazione de “La stanza della compensazione” è arrivato il suo D-Day, l’Uwe-Day, il giorno “della decisione” in cui l’austriaco che si sente palermitano lascerà deluso la città per raggiungere Vienna e Berlino. Uwe ha imbrattato con vernice nera la sua opera scrivendo a grandi lettere un concetto molto chiaro: “Non si vende”. Tra pochi giorni distruggerà tutto il resto e andrà via cancellando quel lavoro che bene raccontava quella piazza. Tra le macerie culturali e materiali possono nascere delle rose. Sino a quando non si è costretti a spezzarle.
E la storia di Uwe è un segno di questi anni, di questi tempi. Da tempo l’arte non s’incontra più solo nei musei o nelle gallerie, è scesa in modo ribelle e dirompente in strada e si impossessa delle città, dei suoi spazi degradati, dei giardini abbandonati, delle facciate di vecchi edifici, riconvertendoli in luoghi della vita quotidiana che da anonimi si trasformano in zone piene di appeal in cui si possono esprimere idee, riformulare concetti, facendo saltare tutti gli schemi tradizionali, bypassando passaggi e rivolgendosi senza filtri direttamente al pubblico.
La rigenerazione urbana richiede proprio l’approccio partecipato di tutti, artisti e utenti, che insieme possono dare alle città un nuovo aspetto estetico, offrendo un rinnovato respiro culturale, economico e sociale.
Uwe ha sempre respirato a Palermo l’aria popolare di piazza Garraffaello, e si può affermare che la sua arte arriva eccome. È arrivata e resterà nonostante la sua partenza malinconica. Uwe rappresenta la figura tipica dell’artista contemporaneo. “Regista di cose, fatti, persone e luoghi”. Attivista, performer, film-maker, musicista, “animatore e programmatore di tecnologie sofisticate”, ma anche artigiano e manovale, uomo di cervello e di cuore, capace di aggregare collettività che forse parlano un linguaggio sgangherato, che forse non conoscono le declinazioni grammaticali di quello artistico, ma che lo hanno capito. E lui lascia il segno perché ha svolto la sua funzione di artista con dignità (ecco un’altra parola). Le istituzioni? Forse capiranno col tempo il valore del suo messaggio.