Zamparini, ci vuole il terzo polo - Live Sicilia

Zamparini, ci vuole il terzo polo

di MARIO SPATAFORA Ho assistito in silenzio al dibattito innescato dall’intervento di Antonio Moschitta, webmaster del sito su cui scrivo per diletto, sui dati della campagna abbonamenti e, più in generale, sul giudizio dei tifosi del Palermo sull’operato del Presidente Zamparini. Ancora una volta, come avviene i tutti i “Bar dello Sport” reali e virtuali della nostra città, si è consumata la solita diatriba tra i “ricordati della Battipagliese” e i “fuori il mercante dal tempio”.
Lo spazio dei tifosi
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di MARIO SPATAFORA Ho assistito in silenzio al dibattito innescato dall’intervento di Antonio Moschitta, webmaster del sito su cui scrivo per diletto, sui dati della campagna abbonamenti e, più in generale, sul giudizio dei tifosi del Palermo sull’operato del Presidente Zamparini. Ancora una volta, come avviene i tutti i “Bar dello Sport” reali e virtuali della nostra città, si è consumata la solita diatriba tra i “ricordati della Battipagliese” e i “fuori il mercante dal tempio”. Tra i “torna a tifare per le strisciate” ed i “manca un progetto”. Lungi dal voler alimentare la polemica, intervengo con il solo scopo di fondare un “terzo polo”: quello di coloro che questa diatriba proprio non la reggono più. Non sopporto più gli “io sono andato in trasferta a Giulianova”. Non sopporto più gli “abbiamo ceduto Toni, Amauri e Cavani, eppure siamo sempre lì”. Non sopporto più gli “abituati c’eravu certuni”. Non sopporto più l’epiteto di “facciuolo” che risuona qui e altrove e che ricorda il gelato all’arancia dal “sapuri ‘ri golli” che vediamo volteggiare sulle nostre teste allo stadio. Non sopporto gli “io sono più tifoso di te”, come se l’amore fosse un’entità misurabile. E’ ora di finirla con questa discussione che non porta da nessuna parte. E’ ora di passare avanti e di smetterla di litigare sul sesso degli angeli.

Ho un mio preciso giudizio su Zamparini. Grande appassionato di calcio e di scambi, affatto amante del Palermo, capace di ripetere tutti i giorni a dirigenti, giocatori, stampa, tifosi le parole del sonetto di Belli rese celebri da Alberto Sordi ne Il Marchese del Grillo “Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo”. I meriti di Zamparini sono innegabili, come le sue colpe. Ma questo è. Ed in assenza di alternative, me lo tengo stretto. Anche se mi considero un tifoso “romantico” e certe sue mosse mi disturbano, a 54 anni suonati ho ormai imparato a convivere con la realtà, specie quando non mi piace. E ad accettare le situazioni che non posso modificare. Ai romantici come me che ancora non hanno assunto la mia posizione di puro pragmatismo dico che il calcio non è più quello di tanti anni fa. Ci si sorprende del calo degli abbonamenti e degli spalti vuoti, ma si dimentica che il calcio vive ormai solo in funzione della televisione che impone orari demenziali ed impedisce ogni programmazione a chi, beato lui, ha anche impegni di lavoro. Ci si riempie la bocca con l’amore per la maglia, quando ormai i mercanti (tutti quanti e non solo Zamparini) hanno ridotto il vessillo tanto amato ad un pezzo di stoffa sintetica insozzato dai marchi pubblicitari.

Ma di quale “maglia” stiamo parlando se abbiamo visto il Genoa a strisce biancazzurre, il Bologna in verde e l’Udinese in arancione. Ma di quali “colori del cuore” si blatera se i reds del Liverpool il prossimo anno indosseranno anche maglie blu come quelle dei rivali dell’Everton, proprio come se il Catania si vestisse di rosanero o il Milan di nerazzurro. Ma di quali templi della nostra passione domenicale stiamo a discutere se lo stadio del Manchester City prenderà il nome di una compagnia aerea araba e se Zamparini ha già dichiarato che il nome del nuovo stadio vale almeno 5 milioni l’anno. Eppure noi inguaribili romantici innamorati di Renzo Barbera, continuiamo a chiamare la nostra vecchia casa “la Favorita”.

Smettiamola una buona volta di pensare che noi tifosi deteniamo una proprietà morale che non esiste, né di diritto, né di fatto, né nel Palermo, né in alcuna altra squadra. In fondo, non mi risulta che Moratti abbia indetto un referendum tra i tifosi prima di assumere Gasperini, né che Agnelli abbia chiesto il permesso ad alcuno prima di acquistare Pirlo. E andiamo allo stadio come lor signori hanno deciso e come forse è giusto che sia: come se andassimo a teatro. Godendo dello spettacolo, magari piangendo commossi per una scena che ci emoziona oppure decidendo di starcene a casa se lo spettacolo non ci soddisfa più o se la trama non ci stuzzica. Lo spettacolo in cartellone prevede un impresario, un regista e un gruppo di attori. Noi siamo solo spettatori paganti ed l’acquisto del biglietto altro diritto non ci concede che quello di assistere alla recita. Senza bisogno di ricordare a chi si lamenta seduto accanto a noi quali guitti da avanspettacolo eravamo soliti ammirare in un passato inglorioso. Senza paura di essere abbandonati da un impresario che vive della sua autoreferenzialità e che, con tutti i suoi difetti, ha assicurato stagioni dai cartelloni più che dignitosi. Senza rancorosa presunzione di superiorità nei confronti di chi decide di non venire più al teatro perché questo copione non gli interessa più.

Silenzio adesso. Si spengono le luci. La recita sta per iniziare.


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