Zampa dalle stelle alle stalle |Quindici anni senza fermarsi - Live Sicilia

Zampa dalle stelle alle stalle |Quindici anni senza fermarsi

Ritorno in A, Champions sfiorata e finale di Coppa Italia prima di un crollo verticale e doloroso.

il patron verso l'addio
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PALERMO – Quindici anni di gioie e dolori, di momenti memorabili e di delusioni cocenti, di intuizioni geniali e di scelte azzardate, se non addirittura scellerate. Chissà cosa starà pensando Maurizio Zamparini all’indomani del suo ultimo giorno (salvo eventuali dietrofront) da presidente del Palermo. Il primo il 21 luglio del 2002, quando rilevò il club di viale del Fante da Franco Sensi, oramai stanco dell’avventura rosanero: un ritiro iniziato con sette giocatori e Roberto Pruzzo in panchina, a cui venne dato il benservito nel giro di 48 ore. Piazza pulita per fare spazio alla discesa in Sicilia di protagonisti del calcio italiano con l’argento vivo addosso e la classe necessaria per riportare nell’Empireo il vessillo rosanero. Il famoso “travaso” da Venezia a Palermo coinvolse in primis il d.s. Foschi e il tecnico Glerean, dopodiché giocatori del calibro di Maniero, Di Napoli, Morrone e Santana a cui vennero affiancate le star Zauli e Asta. Vagoni pronti e treno che parte alla volta della serie A. Alla prima fermata, tuttavia, scende l’ex allenatore del Cittadella, vittima d’esordio di un patron vulcanico noto anche per la fama di mangiallenatori costruita a suon di esoneri durante la parentesi lagunare. Arriva Arrigoni ma non scocca la scintilla, spazio a Sonetti che si gioca l’accesso al massimo campionato nello spareggio di Lecce: 3-0 per i salentini, le speranze dei palermitani vengono fiaccate in 90 minuti.

Ma l’appuntamento con il paradiso è rinviato di 12 mesi, fissato per l’esattezza il 29 maggio del 2004. Il Palermo di Guidolin (subentrato a Silvio Baldini), Toni, Corini e, nuovamente, Zauli, ma anche di Berti, Gasbarroni, Grosso e Di Donato, dei gemelli Filippini e degli autoctoni Vasari e Accardi batte 3-1 la Triestina e torna in serie A dopo 31 anni e nove giorni di attesa. La città riscopre l’orgoglio per i colori rosanero e in duecentomila si riversano per le strade del capoluogo in una notte di dolce follia. Il 12 settembre un “Barbera” vestito a festa e già sold out al termine della campagna abbonamenti riabbraccia il torneo dei sogni e festeggia la vittoria col Siena: un sofferto ma significativo 1-0, con il timbro di un Luca Toni in stato di grazia. Arrivano i successi contro Juve, Roma e Lazio, i pari con Milan e Inter e dopo una corsa Champions con Udinese e Sampdoria, il sesto posto regala ai rosanero la prima qualificazione europea: sarà Coppa Uefa. In realtà accolta in maniera fredda dalla piazza palermitana, ciononostante il Palermo avanza sino agli ottavi di finale lasciando strada allo Schalke 04 dopo aver vinto la gara di andata.

Nel frattempo Toni è passato alla Fiorentina e in panchina è arrivato Delneri, a sua volta messo alla porta per far posto a Papadopulo. L’ottavo posto è una conferma del buon lavoro portato avanti dal club, Calciopoli rivoluziona le classifiche e i rosanero prima si ritrovano in Champions, dopodiché vengono retrocessi di una piazza e si “accontentano” del quinto posto per far posto al Milan che, nonostante la penalizzazione, viene ammesso ai preliminari e da lì comincerà la propria scalata al titolo continentale. Guidolin rompe gli indugi e torna a pedalare con la bici per le strade che conducono alla vetta del monte Pellegrino: l’Italia si laurea per la quarta volta campione del Mondo e Grosso, dopo aver deciso la finale con il rigore decisivo segnato al francese Barthez, saluta per approdare all’Inter. In Sicilia arriva Amauri: impatto devastante, il Palermo vince in casa e in trasferta e si porta in testa alla classifica. Durante il primo quarto di campionato è appassionante il duello con i nerazzurri di Mancini e al termine del girone d’andata i rosa chiudono secondi in perfetta media inglese: 38 punti in 19 gare.

Il vantaggio sulla zona Europa League arriva addirittura a +15 ma a Siena il ginocchio di Amauri fa crack e per Guidolin sono dolori: esplode Cavani, tuttavia il ritorno è una via crucis di sconfitte e prestazioni inguardabili, dopo un pirotecnico 3-4 col Parma il tecnico di Castelfranco Veneto entra nell’almanacco delle vittime presidenziali. Scatta l’esonero, la soluzione pro-tempore (Gobbo-Pergolizzi) non regge e in panchina torna il pacato Francesco. Ma a fine campionato le strade si dividono, nonostante un finale in crescendo e un quinto posto non certo scevro di rimpianti. E’ la volta di Stefano Colantuono, ma la luna di miele con Zamparini dura poco nonostante l’approdo in Sicilia di Fabrizio Miccoli. Altro esonero ed ennesimo ritorno di Guidolin: quattro mesi e la staffetta si rinnova. Amauri si riprende, segna e va alla Juventus, l’ex Atalanta ottiene la conferma per l’anno successivo ma la fiducia scade dopo una gara. Si interrompe il sodalizio anche tra l’imprenditore friulano e il fidato Foschi: sulla poltrona di direttore sportivo si accomoda Walter Sabatini. Tabula rasa e panchina affidata a Davide Ballardini. Un buon Palermo sfiora l’Europa ma deve accontentarsi solo degli applausi. Tra il patron e il ravennate la scintilla si tramuta in fiamma e poi in esplosione: non c’è posto per entrambi, il presidente tenta l’azzardo con “tradimento” strappando Zenga al Catania. Che da vittima si tramuta in carnefice, con l’1-1 che condanna l’Uomo Ragno dalle mire tricolori (arrivò a parlare di scudetto rosanero), a cui va riconosciuta l’apertura di credito nei confronti di un giovanissimo Totò Sirigu, all’infallibile regola dell’esonero.

E’ la volta di Delio Rossi. Profilo basso e tanto lavoro, con risultati eccellenti. Esalta il talento cristallino di Pastore e matura un quinto posto, a due lunghezze dalla Champions, con un Miccoli in stato di grazia che si rompe il crociato proprio nella gara da dentro o fuori con la Sampdoria. Nella stagione successiva qualcosa si incrina, il primo a saltare è Sabatini: dimissioni irrevocabili e tanti saluti. Venuto meno il filtro tra presidente e allenatore, il duello Zamparini-Rossi diventa verbale e ideologico. La sorpresa positiva è lo sloveno Ilicic, compagno di merende di un Flaco che si carica la squadra sulle spalle. Il numero uno del club di viale del Fante attende solo un pretesto per cacciare il tecnico: il clamoroso 0-7 casalingo con l’Udinese di Guidolin basta e avanza per far scattare il licenziamento. Alla corte dei miracoli perviene Serse Cosmi da Perugia: futura icona di Trapani, a Palermo dura quattro gare. Il 4-0 senza possibilità di replica al “Massimino” di Catania mette la parola fine a un intermezzo di poco conto.

Torna Delio, giusto in tempo per regalare l’ultimo sogno: finale di Coppa Italia all’Olimpico con l’Inter. Semifinale da urlo col Milan di Ibra, messo al tappeto da Migliaccio e Bovo: Giulio+Cesare vuol dire Roma. Il 29 maggio, sette anni dopo la promozione in A. Quarantamila palermitani si recano nella capitale, l’intero sud Italia si ferma per guardare i rosanero. La prova è da applausi, il risultato premia il cinismo nerazzurro che completa il tripletino post Triplete e chiude un ciclo. Lo stesso accade per il Palermo. Da quel momento sarà un crollo verticale. Rossi saluta, Pioli arriva ma dura meno di un’estate. Mangia è una meteora, Mutti porta esperienza e una salvezza pilotata. Vazquez approda in Italia ma non incide, finendo nel dimenticatoio. A fine stagione dicono addio Balzaretti e Migliaccio, due pilastri di quello che era stato il Palermo dei sogni. Arrivano Dybala e (a gennaio) Sorrentino, rimangono Miccoli e Ilicic ma la stagione inizia male e finisce peggio: il Palermo torna in B, il suo capitano viene coinvolto in vicende che poco hanno a che vedere col calcio e Sannino lascia dopo aver aperto e chiuso l’annata, con in mezzo Gasperini e Malesani. C’è spazio pure per Lo Monaco e Perinetti, che rimane al capezzale rosanero anche dopo la retrocessione.

Si riparte dai cadetti, Gattuso è una scelta di temperamento e incoscienza che non paga: il Palermo fa fatica e si ritrova tredicesimo. Si cambia, in panchina arriva mister serie B Giuseppe Iachini. L’uomo col cappellino fa riprendere quota ai rosanero, consegna il centrocampo a Maresca, esalta Dybala e riscopre Vazquez: promozione con diversi turni d’anticipo, record di punti (86) e trionfo che riporta entusiasmo nell’ambiente. Il confronto col massimo campionato fa paura solo sino a un certo punto, la qualità non manca a una squadra che spesso e volentieri si concede il lusso di parcheggiare in panchina un certo Andrea Belotti: annata di qualità con la Joya e il Mudo a strappare applausi e consensi. L’ex “picciriddu” cede alle lusinghe della Juventus, Vazquez rimane per far coppia con l’ex nemesi rosanero Gilardino. Iachini è la certezza che viene meno dopo la vittoria col Chievo: paradosso di una gestione tra colpi d’istinto e mosse impopolari.

Torna Ballardini dopo più di sei anni, a inizio 2016 scoppia il putiferio con Sorrentino e il ravennate viene allontanato. Dopodiché, nell’ordine: Viviani, Schelotto, Tedesco, Bosi, Iachini-bis, Novellino e, ancora una volta Ballardini. La B è a un passo, ma nelle ultime cinque partite il Palermo, con le unghie e con i denti, strappa la salvezza. E Zamparini smobilita: via Gilardino, Vazquez, Sorrentino e Maresca, tutti decisivi nella sfida clou col Verona. Si riparte da Ballardini, che al termine del mercato alza i tacchi e saluta nuovamente. Spazio all’esordiente De Zerbi e poi alla bandiera Corini. Lopez è l’ultimo arrivato, con la squadra terzultima e a sette punti dalla salvezza. La conclusione di questa storia è aperta, sperando in un lieto fine.


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