Caro Maurizio Zamparini,
Nell’ora della prova, ti sei finalmente ricordato dei palermitani. E hai scritto una straziante letterina: “Il vostro Presidente, ora ex, vi ha sempre voluto bene. A tutti i tifosi, anche quelli che mi insultano, dico: statemi vicini, state vicini alla squadra che ha bisogno della vostra passione e del vostro affetto. La verità viene sempre a galla, spero molto presto”. Una mozione degli affetti a cui, d’istinto, verrebbe spontaneo opporre la mimica di Sarò Urzì che, in ‘Sedotta e abbandonata’, ripeteva sul muso a uno che gli stava antipatico: “Troppo comodo, troppo semplice, troppo facile. E potrei continuare…”.
Ora, tu non ci stai antipatico, anzi. Sei il miglior presidente della storia del Palermo Calcio, quello che ha ottenuto risultati smaglianti e incancellabili. Eppure, il ritornello è impietoso: “Troppo facile, troppo semplice, etc etc…”.
Caro Zamparini, il momento è difficile per via della nota istanza di fallimento. Quando la giustizia piomba sul campo di calcio non è mai una buona notizia: a rischio non ci sono soltanto le persone – che sono sacre – c’è la passione di un popolo che placa le sue brucianti delusioni col refrigerio di una sciarpetta annodata intorno al collo. E Dio sa se non ce ne sia un disperato bisogno alle nostre sfigate latitudini. Certo, esistono cose molto più importanti – chi lo negherebbe? – ma niente è più indelebile dei sogni che ci prendono per mano, da ragazzi, per non lasciarci più. Scrisse un poeta: “C’è qualcosa di infinitamente più pericoloso dei sogni di un bambino, i sogni di un uomo”.
Nessuno può toglierti l’occasione di difenderti, nessuno può confutare le tue affermazioni sulla chiarezza dei bilanci e sulla congruità delle risorse, se non nelle sedi opportune, nessuno può considerarti colpevole di alcunché, fino a prova contraria. Al tempo stesso, tu non hai il diritto di invocare il sostegno di tifosi che si sentono – legittimamente – presi in giro. Troppo semplice. Troppo comodo. E tu dirai che non è vero, ancora una volta, con le tue ragioni. Tuttavia è la successione degli eventi a richiamare un amarissimo sentore di beffa.
Ricordi Maurizio, l’ultima notte d’amore con la gente rosanero? Accadde dopo Palermo-Inter, la sfortunata finale di Coppa Italia. Un’ondata carica di gratitudine ti travolse, nonostante la sconfitta, perché tu avevi regalato agli uomini gli stessi sogni che sognavano da bambini. Tu eri sempre il capopopolo, il leader, colui che avrebbe costruito orizzonti luminosi, poiché era stato investito di un’immane sovranità.
E poi? Una sfilza di squadrette, di mezzi giocatori non all’altezza. Qualche salvezza risicata. Un paio di retrocessioni. E i proclami, quelli sì che davano fastidio. In campo giostravano, senza offesa, certi ronzini dai garretti ammaccati, mentre tu inanellavi previsioni di vittorie finali, impossibili da raggiungere. Mentre mostravi un interesse sempre più tenue per i colori che dicevi di amare e trattavi con sprezzante idiosincrasia ogni voce dissenziente. E chiacchieravi di complotti, di stampa nemica, di oscure manovre, il consueto armamentario.
Infine, nacque l’effimera stella di Paul Baccaglini che avrebbe dovuto rilevare la società e rilanciarla nell’Olimpo dei grandi. Il nuovo monarca tatuato si presentava ovunque, in una guerra lampo di sorrisoni e simpatia. Andavi a una conferenza stampa sui marziani? E Paul c’era con ET sottobraccio. Prendevi un caffè? Te l’offriva Paul. Passeggiavi in via Libertà? Tale cu cc’è, Paul! Alla celebrazione del battesimo del nipotino, poteva capitare che Paul fosse il prete con l’acquasantiera. Infine, Paul scomparve e risultò chiara la dimensione ciclopica del disinganno. Una malafiura da vergognarsi, di chiunque siano state le responsabilità. Il closing non ci fu.
Caro Zamparini, purtroppo tu non ti sei mai vergognato di nulla, soprattutto degli errori. E hai continuato a raccontare di trattative, di cordate, di Cascio qui, di Cascio là, con un candore che rasenta il cinismo. Ecco perché il palermitano – che pure è credulone – non ti ha creduto più. I palermitani tutto perdonano, le sconfitte più cocenti e le disfatte più clamorose, ma se pensano di essere stati presi in giro, come si innamorarono, si disamorano. E i palermitani – a torto o a ragione – pensano di essere stati presi in giro da te.
Ne consegue che, magari, ci saranno sussulti, cori a favore, striscioni di sostegno, dettati dalla paura che il calcio a Palermo scompaia: è già successo, nessuno ha dimenticato quel trauma. Magari, stasera, tanti accorreranno allo stadio per una solidarietà posticcia al retrogusto del terrore. Ma tu non sarai mai più il re incoronato di una città che stravedeva per te, caro Maurizio. Nessuno risponderà ai tuoi messaggi in bottiglia. Troppo comodo, troppo facile. Troppo.