PALERMO – Maurizio Zamparini resta in sella, ma la volontà di vendere la società è chiara. Magari non subito, magari procedendo per gradi, ma senza più tirare la corda. Zamparini ha deciso di passare la mano e, atto di grande responsabilità, non ha intenzione di farlo alla cieca. Sembra passato un secolo dall’avvento di Manenti nel calcio italiano, quando in realtà è stato un uragano tanto effimero quanto recente nella storia del nostro pallone. Ecco, di società vendute a un euro e date in mano a gente consegnata alle cronache per motivi ben lontani dallo sport, ne abbiamo vista una ed è bastata. Oggi chiunque abbia intenzione di cedere un club calcistico, non solo Zamparini, ha paura di incappare in errori di quel tipo. Per questo serve tempo e per questo, ed è il caso del patron friulano, ci si affida a gente con una certa affidabilità sul mondo finanziario.
Zamparini lo ha fatto, e questa è la principale garanzia sulla sua volontà di lasciare il club in buone mani. Il presidente del Palermo si è affidato alla Banca Rothschild di Milano per individuare un investitore affidabile e interessato ad entrare nel calcio italiano. Lo ha fatto lasciando aperte tutte le possibilità di ingresso: come socio di minoranza, come socio di maggioranza, come socio unico o con l’intenzione di diventarlo. Perché per prima cosa, almeno nell’ambito della cessione delle quote, Zamparini sta mettendo davanti l’interesse del club. L’intenzione di far cassa sul piano personale arriva dopo, altrimenti sarebbe stato fin troppo semplice mettere il cartello “vendesi” fuori dalla sede e cedere tutto al miglior offerente. Si valuta per prima cosa un profilo internazionale che possa portare garanzie e investimenti importanti nella società.
Rothschild, come già detto, è la principale garanzia sulle intenzioni di Zamparini. Anche perché, cosa ben nota da tempo, il patron friulano sta cercando investitori principalmente dall’area statunitense, come dimostra la richiesta di collaborazione a Joe Tacopina (col quale però non si è concluso nulla). E Rothschild, proprio in Italia, ha già portato imprenditori dagli States per investire in Serie A. Sono stati loro a fungere da advisor per il passaggio delle quote della Roma dalla famiglia Sensi a Thomas Dibenedetto, primo presidente americano del club giallorosso, a cui ha fatto seguito l’avvento di James Pallotta. In un anno sono state ricevute cinque offerte vincolanti per l’acquisto del club, ovviamente di ben altra caratura rispetto al Palermo, e si è arrivati ad una soluzione che sul piano economico ha di fatto salvato la Roma. Con premesse del genere, si può stare tranquilli: per il Palermo si cercano solo mani sicure.