L'allarme del parroco: "Droga, salvate i ragazzi dello Zen"

L’allarme del parroco: “Droga, salvate i ragazzi dello Zen”

Il blitz e gli arresti. Parla padre Giovanni Giannalia.

“Sono parroco da meno di un anno. Ho cinquantuno anni e sono un missionario. Sono nato a Villabate torno in Sicilia dopo un’assenza di vent’anni. Che cos’è lo Zen, secondo me? Un quartiere vivace e con tantissime brave persone dove, purtroppo, noto anche una certa rassegnazione in merito a cambiare le cose in meglio e, in modo particolare, le cose che riguardano tutti. Una rassegnazione ed uno scetticismo che non credo siano solo degli abitanti…”.

Padre Giovanni Giannalia, nuovo parroco di San Filippo Neri, è un uomo di Dio abituato ad andare dove è necessario. Il penultimo incarico lo aveva portato in Toscana, nella zona di Prato, in un contesto interessato da importanti cambiamenti. Ora, è qui, allo Zen, quartiere-protagonista dell’ennesimo blitz anti-droga. Parla di tutto, padre Giovanni. E allarga la visuale dei problemi fino a illuminare la situazione.

Padre Giovanni, qual è stata la sua prima impressione all’arrivo?
“Intanto, ero contento di essere tornato in Sicilia, in luoghi che somigliano, per affettuosità, a quelli della mia infanzia. L’impressione che ho avuto è quella di ritornare indietro nel tempo. Qui sopravvive una Palermo per così dire antica. L’altra impressione è stata quella di trovare un contesto umano, pur nella drammaticità e difficoltà, che si vive, più sano e semplice di altri contesti. Tante famiglie giovani, tanti bambini. Grande affettuosità, dicevo, e chiara percezione di poter essere accolto e utile a tanti”.

Ma i guai sovrabbondano…
“La rassegnazione riguardo al bene comune è evidente. Ci si muove in ordine sparso. Si cerca piuttosto di migliorare la propria situazione personale. Non vedo, in generale, una grandissima speranza nel costruire una comunità migliore e neanche un grande impegno”.

Un vero peccato.
“Sì, perché c’è parecchia buona volontà, con una vitalità che sovrabbonda e con sentimenti preziosi, da proteggere. La questione educativa e la possibilità di incanalare sulla via del bene queste energie penso siano il problema principale”.

Perché, secondo lei, c’è tanta rassegnazione (anche se sappiamo la risposta)?
“Perché qui, più che altrove, manca il lavoro, mancano le possibilità. E quelli che hanno la fortuna di lavorare vengono pesantemente sfruttati, nell’assenza completa di diritti. Ci sono tante vicende di sfruttamento. Eppure, le ragazze e i ragazzi hanno un grande cuore, sono stati educati bene e mettono anima e corpo in tutto quello che fanno”.

E allora?
“Allora, prendere la strada sbagliata, quella dello spaccio, può diventare allettante. E’ ovviamente uno sbaglio, con conseguenze terribili”.

C’è stato un altro blitz antidroga.
“Che la droga sia facile trovarla penso sia chiaro a tutti e non solo nel quartiere…”.

Quale è la soluzione?
“Penso che per incidere profondamente su questa realtà bisogna impegnarsi a fondo e mantenere una azione continua e costante che si alimenti di speranza e di amore. Come sacerdote è per me una sfida molto bella. Per noi cristiani è l’occasione di vivere radicalmente e testimoniare ciò in cui crediamo”. (rp)


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