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Francesco, cioè nessuno

Uno "strano" suicidio all'Ucciardone di Palermo
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4 min di lettura

Un uomo che rantola in carcere. Morirà dopo una  tremenda agonia di venti minuti. La richiesta di archiviazione del pm che ha  derubricato l’accaduto alla voce “suicidio”. E un avvocato che la pensa  diversamente, che ha impugnato la richiesta del pubblico ministero. Per lui, al  carcere Ucciardone di Palermo, quella notte, andò in scena un omicidio.
Ecco i protagonisti della storia. Francesco Lo Bianco, il morto. Shera  Petrit, detenuto albanese secondo il legale, l’assassino presunto. E poi il già citato  avvocato Giacomo Sparacino – che rappresenta la compagna di Lo Bianco – che ha  presentato una sostanziosa memoria al gip. “Il pm ha fatto un lavoro  ottimo e coscienzioso – dice l’avvocato -. Noi, però, siamo di un parere diverso”. Un  punto di vista sciorinato nelle pagine del “memoriale” che raccoglie alcune  testimonianze. Si legge: “Le dichiarazioni univoche rese dai compagni di cella  del defunto Lo Bianco Francesco ricostruivano il fatto occorso la notte del  27/01/2009 non manifestando sospetti sul suicidio, come ritenuto dal pm, ma  attribuendo allo Shera Petrit la condotta ipotizzata nel capo di imputazione”.  Dunque, omicidio. Ecco alcune di quelle dichiarazioni a verbale che gettano una luce inquietante su  una storia che è stata frettolosamente dimenticata e sepolta dai giornali, perchè i giornali non amano indagare troppo dietro le sbarre, dove ci sono ombre semi-invisibili. Francesco Lo Bianco, in prigione per presunta violenza sessuale ai danni di minori, era un signor nessuno, come i suoi compagni di detenzione.

“Rapporti tesi tra quei due”
Scrive l’avvocato: “In particolare, Pangaro Daniele, sentito dal pm in data 29/01/2009,  riferiva: “ i rapporti tra i due (con Petrit, ndr) erano comunque tesi perché si pizzicavano sempre ed anche quando il Lo Bianco tornò dall’ultimo colloquio con la moglie,  i due litigarono probabilmente perché anche in quel caso non aveva potuto
ottenere i fili d’angelo (fili d’acciaio utili per l’evasione) pur avendogli  dato la somma di cinquecento euro. Durante il litigio addirittura lo Shera lo  minacciò con un bastone con chiodi che era stato staccato da sotto un tavolo.  Il Lo Bianco in quella occasione gli sferrò alcuni schiaffi. Poi ci fu un’apparente riappacificazione, nel senso che lo Shera gli diede un bacio sulla  guancia, tipo bacio di giuda, dicendogli che nessuno si era mai permesso di  schiaffeggiarlo. Il giorno successivo Scaduto Paolo mi ha riferito che il Lo  Bianco era stato ucciso dallo Shera, perché così confessatogli dallo stesso”.

“Denaro per evadere, poi l’omicidio”
“Analogamente, Scaduto Paolo, sentito dal pm in data 29/01/2009, riferiva: ‘Lo Shera ha avuto con me sin da subito un rapporto di fiducia. Mi aveva offerto  del denaro perché gli facessi entrare in cella dei fili d’angelo, cioè dei fili  d’acciaio che gli sarebbero serviti per evadere. Non avevo accettato la sua  proposta e lui aveva cominciato a minacciarmi indirettamente. Aveva anche  tentato di convincere un altro detenuto, cioè Malla Mario. Quando è arrivato il  Lo Bianco i rapporti tra i due erano tesi e so per certo che lo Shera gli ha  dato alcuni schiaffi. Poi sono riuscito a convincere i compagni di cella ad  accettare il Lo Bianco. Lo Shera ha poi tentato di convincere anche il Lo
Bianco a fornirgli i capelli d’angelo e gli ha consegnato cinquecento euro che il Lo  Bianco ha poi consegnato alla moglie. Dall’ultimo colloquio con la moglie il Lo  Bianco tornò dicendo che non era riuscito né a far entrare i capelli d’angelo, né a recuperare la somma che gli era stata data dallo Shera. Per tali ragioni i  due vennero alle mani ed il lo Bianco diede uno schiaffo allo Shera. Questa  mattina ho detto allo Shera che avevo paura e lui mi ha raccontato il modo in cui aveva ucciso il Lo Bianco. Mi ha detto che lo aveva convinto a simulare un  suicidio per ottenere la scarcerazione, poi, dopo averlo convinto a legarsi il cappio al collo, lo aveva altresì convinto che avrebbe dato l’allarme appena si fosse accorto che il Lo Bianco diventava paonazzo. In realtà, dopo averlo visto  in difficoltà, per come lo Shera mi ha riferito, ha allontanato lo sgabello e  ha girato il Lo Bianco tre volte su se stesso per stringere ulteriormente il cappio. Il Lo Bianco si è dimenato scalciando e ha avuto un’agonia di circa 20  minuti. Lo Shera mi ha confidato di averlo ucciso perché gli aveva dato uno  schiaffo e per lui questa era un’offesa inaccettabile’”.

Le condizioni del carcere
Sono parole forti quelle raccolte dall’avvocato Sparacino. Shera Petrit è innocente fino a prova contraria. E la sua innocenza risulterà indubitabile in caso di archiviazione. Nell’attesa fiduciosa che la giustizia  faccia – come si dice – il suo corso, abbiamo scelto di raccontare questa storia,  solo per illuminare  la vita e la morte di Francesco Lo Bianco. Questa vicenda è  egualmente importantissima. Rappresenta un’ulteriore  testimonianza degli orrori sepolti dietro le mura delle carceri siciliane, più volte visitate dal garante Salvo Fleres che ha auspicato la chiusura delle peggiori. Omicidio o suicidio, Francesco Lo Bianco è una vittima, è un morto di carcere.

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