Lombardo e la fine dell'estate - Live Sicilia

Lombardo e la fine dell’estate

Lettera aperta al Presidente
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Caro Presidente, Raffaele Lombardo

In vacanza ad Acicastello, guardando gli scogli neri del lungomare sopravvissuto, abbiamo pensato a lei. Già una volta l’accennata similitudine tra l’aspra e meravigliosa natura catanese e la sua figura valsero critiche a Livesicilia. Tuttavia, l’accostamento ci appare calzante. E le spieghiamo perché.

Su un tratto del lungomare di Acicastello, c’era una rigogliosa siepe di gelsomino, una di quelle visioni che affascinano i bambini e non si dimenticano  più. Lei quei posti incantati dovrebbe conoscerli per nascita. Poi, può capitare di ritornare da grandi nei giardini fatati dell’infanzia e di rimanere delusi, scoprendoli cambiati. Trent’anni dopo l’abbiamo cercata la siepe di gelsomino, il candore in contrappunto con le rocce nerastre. E non c’era. Abbiamo chiesto notizie in giro. Qualcuno ha alzato le spalle per indifferenza. Altri non rammentavano la bellezza dei fiori immersi nell’odore del mare. Uno, invece, ha chiarito l’enigma: “La siepe non c’è più. È appassita”. E ha fatto una faccia come per dire: e non lo sai che tutto finisce, non l’hai imparato alla tua età?

Ora, lei che è uomo indubbiamente pratico si domanderà: che ci azzecco io col gelsomino, con la memoria, col lungomare, con Acicastello. C’entra, c’entra.
Lei, Presidente, ha cominciato la sua epopea e la sua epica, narrando la possibilità di una svolta, disegnando una Sicilia diversa dai suoi vizi e finalmente sovrapponibile alle sue virtù. Questa speranza, sui balconi e nel cuore di molti siciliani, si è inerpicata come una siepe di gelsomino rampicante tenace. Un profumo nuovo, finalmente. Perfino la sua asprezza etnea non guastava. Era una lama da giustiziere puntata contro vecchie schermature e armature di antichissimo e collaudato conio.
Ma gli indicatori non sono buoni adesso, Presidente. La spinta si è esaurita soprattutto nelle parole che appaiono stanche, nella sua bocca, benché conservino lo stesso suono.  La strada ha smarrito se stessa, se pure ci fu mai strada. Il gelo tra lei e Miccichè nulla di buono promette alle sue promesse. La disperata solitudine dei suoi ultimi giri di valzer è evidente. Se non è il capolinea di un sogno, poco ci manca.

Le recentissime nomine della soprintendenze sono state quasi trasversalmente catalogate come un espediente, un mezzuccio del vecchio afflato spartitorio che lei sostiene di combattere. Un brutto e consunto spettacolino. Sarebbe questa la Sicilia migliore?

Ecco perché le abbiamo rivolto un pensiero tra gli scogli di Acicastello, Presidente e torniamo a ripeterlo ora, dopo le celebri nomine di cui sopra. Un pensiero a lei e alle visioni gloriose del futuro. Senza malanimo e con una punta di malinconica condivisione umana.
Sapesse che pena tornare nei luoghi delle speranze e scoprire che il gelsomino non c’è più. Alla fine ti prende il clamoroso dubbio: forse non c’è mai stato.


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