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LiveSicilia.it / Cronaca / “Figlia mia, chi studia è un fallito”

“Figlia mia, chi studia è un fallito”

Lettera di una precaria siciliana
di Redazione
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(rp) E’ forse la fine del sogno. E’ la fine di tutte le parole. E’ la fine dell’amore di coloro che cominciarono a leggere Leopardi, clandestino sotto il banco verde, mentre una attempata professoressa spiegava per la terza volta Vincenzo Monti. La fine degli alieni che provarono un brivido tra i cateti e l’ipotenusa del teorema di Pitagora. La fine di coloro che odiarono con altrettanta passione ipotenusa e cateti. E’ la fine della scuola, cioè dell’adolescenza agra, tenera e splendente, come l’abbiamo conosciuta noi che il lusso di essere ragazzi almeno ce lo siamo potuti permettere.

“Mio dolcissimo amore, al momento posso solo dirti che lo studio non paga, non rende migliori, rende dei falliti, non serve a niente: meglio imparare un mestiere, ragionare poco, e guadagnare presto”.  Rosalinda Gianguzzi un’insegnante precaria siciliana “delusa” dai tagli della riforma Gelmini scrive alla figlia che si appresta ad andare in prima elementare. “Quel giorno sta arrivando amore mio, davvero presto, ma io non varcherò con te quella soglia. La mamma – scrive – resterà fuori, a lottare, perché quella scuola dalla quale sono stata brutalmente estromessa, quella scuola che ho contribuito a rendere una delle migliori del mondo, quella scuola in cui credevo e che amavo, sia buona anche per te e per tua sorella l’anno prossimo”. E aggiunge sempre rivolta alla figlia: “Quando mi dici ‘voglio insegnare’, non riesco a dirti che è il lavoro più bello del mondo, ma che i sacrifici per riuscire a farlo forse non valgono la pena. Anche perché come si diventa insegnanti? Ieri per concorso e titoli, oggi per residenza, domani per discrezionalità dei presidi: è veramente un tunnel senza fine”! Ed ecco la conclusione sarcastica ed amara nello stesso tempo: “Meglio frequentare le scuole di danza, tenervi a dieta, rendervi belle, appetibili, con pochi scrupoli, ambiziose per inserirvi facilmente nel mondo del lavoro”. La fiammella di una speranza brilla: “Spero di riuscire a fare la mia piccola parte per mutare le cose presto, affinché la tua domanda non arrivi prima che io sia riuscita a cambiare la risposta”.

E’ la fine di tutto, ma forse non lo è. Chi ha scritto questa lettera disperata, con tutta evidenza, non crede a una sola parola della sua amarezza.

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Tags: fallimento · precaria · scuola

Pubblicato il 6 Settembre 2010, 19:16
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Commenti
  1. Amaro siciliano 11 anni fa

    Quello della scuola italiana è un problema dalle mille facce. Un ministro, la Gelmini, un po’ incapace, un po’ bugiardo, un po’ travolto dalle difficoltà di bilancio. Un altro ministro, Berlinguer, un po’ irresponsabile, un po’ demagogo, un po’ incapace, che ha illuso migliaia di aspiranti insegnanti. Una missione, traferire la conoscenza, garantita a volte dal mero desiderio di praticarla, ma non da reali attitudini. Una società in cui troppi genitori affidano (anzi scaricano) la funzione formativa alla scuola e ritengono, così, di avere adempiuto il proprio dovere. Una società in cui i modelli attraenti sono, per lo più, distanti miriametri dai valori dell’istruzione e dei doveri. Io ho un precario della scuola in famiglia e forse quest’anno resterà fuori. Ho il coraggio di dirgli che dobbiamo augurarci che dalla nostra odierna amarezza ne derivi domani un risultato, perché almeno sia “remunerativa”. Il risultato di una scuola ordinata secondo i bisogni della società, i cui piccoli fruitori siano educati a rispettarla come elemento sacro della loro vita e gli insegnanti vi accedano nella quantità necessaria e non per sola scelta individuale. Quest’ultima, ormai, non è consentita più neanche alle libere professioni, spesso limitate nell’accesso fin dall’ingresso nelle Università. Oggi è il momento dell’amarezza e capisco mamma Rosalinda che paga per torti non suoi. Ma è anche il momento delle verità. Le pretendiamo dal ministro Gelmini, le pretendiamo dai sindacati, dobbiamo sforzarci di saperle dire a noi stessi.

    Rispondi
  2. cirolaw 11 anni fa

    E’ vero. Quello che ha scritto Rosalinda è tutto vero. Anch’io davanti ad un muratore che per un lavoretto di due soldi mi chiede 100 euro; davanti ad un elettricista che cambia una lampadina mi chiede 50 euro mis ono arrabbiato con i miei genitori che mi hanno fatto studiare, facendomi prendere una laurea, due master, un dottorato di ricerca, due abilitazioni… e poi faccio il funzionario statale ameno di 2000 euro al mese, pur essendo al vertice della mia carriera. Ad un muratore arrinisciuto che ora fa l’imprenditore edile e che un giorno m’ha detto che lui poteva prendere 10000 euro e spenderli così, mentre io ero un miserabile ‘mpiatu, ho risposto che però io avevo una cosa che lui con tutti i suoi milioni non poteva comprare: la cultura. Adesso ne sono pentito. Ed allora? Evviva le ballerine, i tronisti, le letterine, i calciatori; evviva l’ignoranza; evviva il gratta e vinci miliardario. Quel che contano sono i soldi non la cultura.

    Rispondi
  3. Rosalinda 11 anni fa

    La scuola primaria in Italia era dai dati ocse una delle prime 5 al mondo. Inoltre l’Italia era un modello di integrazione, riconosciuto nel mondo. Le frottole sono quelle che vi raccontano.

    La verità è questa, l’Italia è al penultimo posto per finanziamenti alla scuola pubblica:

    http://www.repubblica.it/scuola/2010/09/07/news/ocse_scuola-6828593/?ref=HREC1-2.

    Se i soldi non ci sono perchè, sebbene palesemente ANTICOSTITUZIONALE, si finanzia la scuola privata che deve esistere “senza oneri per lo stato”?

    Perchè diamo 800000 euro l’anno per finanziare la scuola varesotta di cultura lombarda della moglie di Bossi?

    Se la scuola è una stipendificio, perchè la domanda non è rispondente all’offerta?

    Sappiamo tutti infatti che nel sud non esiste il tempo pieno e le famiglie devono pagarselo da soli nelle scuole private.

    E gli asilo nido? L’offerta è infima rispetto le richieste e comunque a carico dell’utente.Sapete che a Palermo un alberghiero non ha potuto accogliere 400 iscrizioni? E la scuola dell’infanzia? Quella che dovrebbe accogliere gli alunni fino a 5 anni, non ha una copertura sufficiente: infatti le famiglie peregrinano tra liste d’attesa cercando un posto.

    Se lo stato non può permettersi 200000 insegnanti, che fino a ieri ha utilizzato anche per decenni (ho colleghi che sono andati in pensione da precari) può permettersi 2000000 disoccupati?

    Che inseriti in famiglie di 3/4 persone, vuol dire 600000 800000 persone in difficoltà economica.

    I precari della scuola che come me lavoravano da anni ed anni, erano precari solo nella sede, chi maturava un punteggio, VINCENDO CONCORSI, attraverso plurilauree e anni di servizio, essendo che non doveva dire grazie a nessuno, se non alle proprie capacità, maturava legittime aspettative che le bizzarrie di un cambio di governo non possono deludere.

    QUANDO IN ITALIA NON CI SARANNO PIU’ SPRECHI, PRIVILEGI, E VIGERA’ IL MERITO e non il porcellum, allora che pronuncia in camicie di seta e scarpe luis youttion “soldi non ce n’è”, diverrà più credibile.

    La mia lettera non voglio che diventi IL CASO UMANO, io oggi difendo la scuola di mia figlia più ancora del mio posto di lavoro.

    La solidarietà non mi serve, mi servono compagni di lotta per la scuola dei nostri figli, per il nostro futuro.

    Una scuola economica a me non piace, e oggi a gran voce posso dire che se continua così studiare non servirà a niente e loro avranno raggiunto lo scopo “Mirabilissimo”.

    Rispondi
  4. Daniela 11 anni fa

    Rosalinda, quello che tu scrivi qui io l’ho appena scritto con altre parole su fb a una lettrice che, sulla pagina di Roberto Puglisi, commentava e affermava che i precari non hanno vinto concorsi o corsi abilitanti. A tanto è arrivata la disinformazione.
    Io sono di ruolo dal 2006, ma mi sento precaria nel cuore e vedo ogni giorno le conseguenze di quello che è stato fatto a questa scuola, e soprattutto alla primaria, che era uno dei pochi fiori all’occhiello che potevamo vantare.
    A tua figlia puoi dire, per quello che vale, che studiare non la renderà più ricca né più felice forse, ma le consentirà di guardarsi nello specchio senza sputarsi in faccia.

    Rispondi

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