Mafia, sequestro da otto milioni - Live Sicilia

Mafia, sequestro da otto milioni

Coinvolti tre boss
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E’ l’ulteriore conferma che la cassaforte di Cosa nostra è un pozzo senza fondo. L’ultimo sequestro di beni, per un valore di otto milioni, colpisce Massimo Troia (nella foto), e Giancarlo e Fausto Seidita. Pezzi da novanta. Visto che Giancarlo Seidita e Massimo Troia, figlio del capomafia Mariano Tullio, prima di finire in carcere nel 2008, hanno retto i mandamenti di Cruillas e San Lorenzo. Il provvedimento, eseguito dalla questura di Palermo e disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale, riguarda un complesso residenziale in costruzione in via Lo Valvo a Cardillo ((tre palazzi da cinque piani con trenta appartamenti e altrettanti posti auto) una lussuosa villa in contrada Piano di Sopra a San Vito Lo Capo, le imprese “Immobiliare Lo Valvo”, con sede in via Goethe a Palermo, e la Rgf Costruzioni, con sede a Misilmeri.

Giancarlo Seidita e Massimo Troia facevano parte della schiera dei picciotti cresciuti sotto la protezione di Salvatore Lo Piccolo. E così dopo che il barone di San Lorenzo fu scovato a Giardinello, i loro nomi furono tra i primi a cadere nelle rete della polizia. D’altra parte i pizzini dell’archivio del padrino e del figlio Sandro erano pieni di riferimenti a Seidita e Troia. Non poteva essere altrimenti, visto che per conto dei capimafia controllavano una grossa rossa fetta di città. A tradirli non sono stati solo i pizzini ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Su tutti, Francesco Franzese, che era stato il braccio operativo dei Lo Piccolo per le estorsioni. Seidita e Troia sono stati anche processati, con esito diverso, per il rogo che ha distrutto il deposito dell’imprenditore Rofoldo Guajana. Il primo è stato condannato e il secondo assolto, nonostante ad entrambi venisse contestato il ruolo di mandanti e ideatori dell’intimidazione.

Più recenti sono le notizie acquisite sulla storia criminale di Fauso Seidita, fratello di Giancarlo, a cui era intestata la villa di San Vito. Il suo nome è saltato fuori l’anno scorso nel corso dell’inchiesta denominata mafia e appalti che ha spalancato le porte del carcere per diciotto persone. Secondo gli investigatori della squadra mobile, si sarebbe occupato di organizzare gli incontri in cui il fratello pianificava gli affari del clan.

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