Le "messaggere" di Turi Cappello |Così il padrino comunica dal 41bis - Live Sicilia

Le “messaggere” di Turi Cappello |Così il padrino comunica dal 41bis

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo dei difensori del boss a cui è stato prorogato, attraverso un decreto ministeriale, il regime del carcere duro. Il capomafia attraverso le lettere inviate a due donne manterrebbe i contatti con la cosca catanese.

CATANIA – Due donne con il ruolo di “messaggere” del padrino. Il pluriergastolano Salvatore Cappello, capomafia dell’omonimo clan, avrebbe delegato due figure femminili al ruolo di “cerniera” tra il carcere e l’esterno.  La posta del boss, in particolare le missive inviate e ricevute da due donne, è finita nelle mani degli inquirenti. Si ipotizza che i due rapporti epistolari siano usati dal capomafia per mantenere i contatti con i picciotti liberi e i sodali detenuti. A non far “superare” i controlli carcerari sono stati alcuni passaggi delle lettere che conterrebbero un codice “criptico”.

Il sistema di “comunicazione” trapela dalla lettura delle motivazioni dell’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto lo scorso marzo il reclamo dei difensori di Salvatore Cappello in opposizione al decreto di proroga del Ministero della Giustizia al regime di carcere duro.

Salvatore Cappello

Il padrino sarebbe riuscito a mantenere i collegamenti con il Clan:  anzi, avrebbe creato una catena epistolare che gli permetterebbe di comunicare non solo con l’esterno del carcere ma anche con i boss, alleati e affiliati alla sua stessa famiglia, detenuti anche loro al 41 bis. “Con particolare riferimento in ordine alla sua capacità di mantenere i contatti con gli altri esponenti di vertice del medesimo sodalizio – scrive il collegio presieduto da Alberto Bellet –  si evidenzia che nel corso dell’ultimo biennio sono state trattenute numerose missive inviate da Cappello ad altri sodali o a propri familiari poichè contenenti messaggi di natura criptica. […]”.

Il capomafia ha rapporti epistolari con due donne, una delle quali detenuta. E sarebbe questa seconda il collante con i vertici del Clan finiti dietro le sbarre . “In particolare – si legge nell’ordinanza  – le missive tra Salvatore Cappello e una donna, la quale sulla scorta di attività d’indagine […] intrattiene regolari rapporti con gli esponenti del sodalizio mafioso in stato di libertà operanti a Catania, nonché i rapporti epistolari – continua – che il Cappello intrattiene con un’altra donna, detenuta per reati in materia di stupefacenti, la quale a sua volta intrattiene rapporti epistolari con altri soggetti detenuti al regime del 41 bis, appartenenti alla medesima area criminosa, in particolare Sebastiano Lo Giudice e Ignazio Bonaccorsi mediante missive dal contenuto criptico”.

Ma non ci sono solo donne tra i destinatari di posta del padrino. “Viene segnalata – si legge ancora nell’ordinanza – un’altra missiva inviata da Cappello a Giuseppe Garozzo, (Pippu U Maritatu ndr) elemento apicale del sodalizio mafioso dei Cursoti da sempre collegato al clan Cappello, a conferma dei rapporti di vicinanza ancora attuali tra i due”.

Il fotomontaggio del team Ferrari eseguito da Salvatore Cappello ed entrato nel fascicolo dell'operazione Ramazza del 2005 (FOTO ANSA)

Un rapporto di corrispondenza quello tra Cappello e il capomafia dei Cursoti che emerse anche nel 2005, quando gli inquirenti scoprirono nell’ambito dell’inchiesta Ramazza che il boss, anche in quel periodo detenuto al 41bis, mandava ordini ai suoi affiliati attraverso fotomontaggi realizzati grazie a un computer e una stampante che aveva a disposizione in carcere. Le immagini riuscivano a filtrare attraverso i controlli carcerari perché apparivano come semplici scherzi. Tra i fotomontaggi finiti nel fascicolo dell’indagine uno in cui Cappello manipolò una foto di gruppo del team della Ferrari: sovrappose la sua faccia a quella del pilota Michael Schumacher, e incollò i volti dei boss Giuseppe Garozzo e Ignazio Bonaccorsi sopra i visi rispettivamente di Jean Todt e Luca di Montezemolo. Un sistema, secondo gli investigatori, usato da Cappello per far sapere ai suoi picciotti quali erano le attuali alleanze.

Ed oltre ai rapporti epistolari, Salvatore Cappello  – insistono i magistrati di sorveglianza –  “riesce a mantenere i contatti con l’esterno attraverso il colloqui con i suoi familiari”. Un metodo, questo, “collaudato” dagli esponenti delle criminalità organizzate.

Per i difensori, però, Cappello non solo non sarebbe più ai vertici dell’organizzazione criminale ma “sarebbe dissociato da tempo dal clan”. Prova ne sarebbe – come scrivono nel reclamo al decreto di proroga del 41bis – l’assoluzione dal reato di associazione di stampo mafioso da parte del Gup di Catania il 14 giugno del 2012 contestatogli dalla procura di Catania per il periodo 2008 – 2009, al termine del rito abbreviato del cosiddetto processo Revenge. Gli avvocati di Salvatore Cappello inoltre evidenziano al Tribunale di Sorveglianza che la richiesta di proroga si basa unicamente sulla  “reiterazione delle medesime informative” già poste come fondamento negli altri decreti ministeriali e che, dunque, si è di fronte alla totale “‘assenza di elementi nuovi” che siano in grado di dimostrare l’attuale capacità del detenuto di mantenere i collegamenti con l’organizzazione criminale di appartenenza”.

Per i magistrati di sorveglianza, invece, non ci sono dubbi, Salvatore Cappello, “nonostante sia in regime detentivo speciale da tempo, costituisce tuttora il naturale punto di riferimento per gli accoliti in stato di libertà”. Insomma sarebbe ancora lui il capo indiscusso e, per questo, il Tribunale “ritiene che il decreto di proroga sia stato logicamente e sufficientemente motivato, e dunque, il reclamo sia infondato e vada respinto”.


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