"Pensiamo a un piano| anticiclico per la Sicilia" - Live Sicilia

“Pensiamo a un piano| anticiclico per la Sicilia”

Nello Musumeci

Il parlamentare del centrodestra risponde all'editoriale di Mario Centorrino.

nello musumeci
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Il professor Mario Centorrino é un tecnico di pregio e un signore d’altri tempi, che mai ha piegato le proprie riflessioni ai percorsi della politica. Con questa premessa, devo dissentire dalla interpretazione che egli offre nel suo ultimo editoriale su Live Sicilia del ruolo dell’Assemblea Regionale e della opposizione parlamentare (da lui definita ‘oppomaggioranza’) rispetto ai tanti scivoloni di un governo, che vive di estemporaneità e che non conosce alcuna programmazione.

In questo primo scorcio di legislatura vi sono stati a Sala d’Ercole tre diversi modi di rapportarsi delle opposizioni con il governo Crocetta: il M5S ha alternato dialogo e rottura (arrivando a presentare la sfiducia a un esecutivo al quale aveva dato respiro nazionale con la fandonia del ‘Modello Sicilia per Bersani’ ed al quale ha assicurato il voto a provvedimenti manifesto, inutili o dannosi, come due finanziarie e la legge sulle Province); il centrodestra ha pagato le sue divisioni, con scelte diverse che talvolta hanno comportato fasi di dialogo (e qualche ringraziamento governativo…) e che, tuttavia, hanno visto la nostra coalizione opporsi a tutte le manovre di bilancio e a tutti gli spot della rivoluzione; ci sono stati, in ultimo, gli ascari, i venduti (perché comprati, dal governo della legalità e del cambiamento), quelli che hanno consentito (dietro promesse talvolta non mantenute) di far trovare a chi non l’aveva una maggioranza raccogliticcia e famelica.

Potrei fermarmi a queste tre differenze per dire al prof. Centorrino che il ‘tutti sono uguali’ della sua definizione di ‘oppomaggioranza’ é un errore di fronte all’opinione pubblica: i commentatori seri come lui devono riconoscere le differenze, altrimenti essi stessi diventano motore della crescente antipolitica che si fonda, appunto, sulla contrapposizione tra il palazzo (tutti, nessuno escluso) e la piazza.

Con questo chiarimento, i tanti rilievi che l’economista messinese pone in evidenza meritano una riflessione.

La Sicilia ha perso tempo prezioso, in questi venti mesi, nel corso dei quali la principale responsabilità del governo e della sua maggioranza (non si dimentichi mai che il doppio filo che lega l’esecutivo ai suoi gruppi parlamentari comporta responsabilità condivise, nel bene e – come nel nostro caso – nel male) é non aver colto che la vittoria di Crocetta (favorita e determinata solo dalla divisione del centrodestra) si accompagnava a una fase di profondo cambiamento istituzionale, sociale e politico che coinvolgeva tutta la Nazione.

A fronte di ciò un presidente privo di maggioranza politica aveva di fronte a sé due possibilità: 1) costruire una maggioranza politica ampliando quella elettorale e affidare ad essa una agenda di governo di sintesi rispetto alle proposte elettorali (questo, in fondo, l’obiettivo originario di chi ha diviso il centrodestra); 2) aprire una stagione di riforme con un appello al Parlamento, differenziando un’agenda per il governo e una per l’Assemblea.

Inutile dire che il presidente ha scelto la terza via: lo scouting parlamentare, così facendo morire sul nascere qualsiasi ipotesi (per chi mai vi avesse creduto) di discontinuità con il passato.

In questa scelta c’é stato e c’é il fallimento del governo Crocetta. É l’aver fatto della Regione un piccolo nominificio, è l’aver demolito senza saper costruire, é l’aver mantenuto il commissariamento di tutti i principali Enti di ciascuna Provincia, é l’incapacità di indicare una giunta di competenti (con qualche eccezione, ovviamente…), é la mancanza di coraggio in settori strategici come Sanità ed Energia (dove si é inspiegabilmente liquidato un galantuomo come Nicolò Marino), é l’inadeguatezza nel dialogare con il mondo del lavoro e dell’impresa, é l’assoluta mancanza di profilo istituzionale, é il fallimento nella spesa dei fondi europei.

La Sicilia avrebbe ed ha bisogno di essere governata, con azioni politiche e con professionalità. Non ha bisogno di un presidente-annunciatore, di un Santone-guaritore, di un prestigiatore che usa con spregiudicatezza la bacchetta magica da illusionista, peraltro senza ormai illudere nessuno.

La presa di consapevolezza di questi fallimenti ha il sopravvento in tanti, anche in chi ha sostenuto Crocetta, e può essere il motore di aggregazioni che abbiano come obiettivo la definizione di una sorta di Piano Anticiclico per salvare la Sicilia, avviando un confronto serio col governo di Roma, con tutte le parti sociali: con i sindacati, che non possono essere accusati di golpismo, come accaduto alla Cisl di Maurizio Bernava; con le imprese, che vanno ascoltate ed i cui rilievi devono essere considerati; con il mondo delle libere professioni. Insomma, con tutti e nessuno escluso.

Sulle istituzioni definire un’agenda é più semplice. Ed ha ragione Gianpiero D’Alia quando anticipa che a settembre occorrerà mettere mano anche in Sicilia alla riforma elettorale (spero cancellando il listino bloccato, introducendo doppia scheda e premio di maggioranza) e, aggiungo io, alla riforma dell’Autonomia, aggiornando una specialità statutaria – soprattutto dopo la riforma del Senato – che deve essere motore e non peso. Ma la vera sfida é sull’economia: turismo, agricoltura, commercio, trasporti, distribuzione, energie rinnovabili sono i temi sui quali aprire il confronto, affinché non accada mai più, come una democrazia moderna impone, che il presidente eletto di una Regione non abbia per mesi idea di cosa fare e quando farlo.

Tutto ciò significa dimenticare o sottovalutare la battaglia per la legalità? Assolutamente no, anzi occorre essere protagonisti. Mi ha fatto piacere l’attenzione manifestata dalla Confindustria di Antonello Montante e Ivan Lo Bello per il nostro tentativo di introdurre un Codice etico innovativo nella nostra Regione. E proprio l’esperienza dell’associazione industriali é la dimostrazione di come la legalità sia la precondizione, cui deve seguire tanto altro perché lo sviluppo non resti chimera ma diventi un processo irreversibile.

In definitiva, ognuno è chiamato a fare la sua parte: il centrodestra ritrovi sempre più, come sta accadendo in queste settimane, la propria compattezza, anche provando a dialogare col M5S. I blocchi sociali, che oggi chiedono un’alternativa valida, facciano sentire la loro voce. Saranno necessari mesi (spero non molti) e sarebbe bello inscenare un agonismo vero alla Regione: l’opposizione giochi tutta all’attacco, sui contenuti e sulla definizione di un progetto per il futuro fatto di tre-quattro punti; il governo, con la sua maggioranza, provi a correre e a cancellare la pessima immagine che ha dato di sé. E forse da una corsa convinta potrà uscirne una Sicilia più forte, capace di tirarsi lentamente fuori dal pantano.

Nello Musumeci

 

 

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