Pizzo allo Zen, interrogati i residenti | "Parziali ammissioni" fra l'omertà - Live Sicilia

Pizzo allo Zen, interrogati i residenti | “Parziali ammissioni” fra l’omertà

Uno dei padiglioni dello Zen

I bottegai della zona e la stragrande maggioranza dei residenti dei padiglioni di edilizia popolare sarebbero stati costretti a versare cinque o dieci euro euro a settimana.

PALERMO – Anche le parziali ammissioni, seppure tra mille “non so”, sono importanti. Specie se arrivano da chi vive e lavora in quartieri come Lo Zen 2 dove rompere il muro dell’omertà è missione quasi impossibile.

Nel giugno scorso la Direzione investigativa antimafia ha arrestato diciassette persone, consegnando alle cronache lo spaccato di una Gomorra palermitana. Nel quartiere periferico della città, a giudicare dalle cifre, il pizzo veniva imposto per mantenere il rigido controllo del territorio piuttosto che per fare cassa. I bottegai della zona e la stragrande maggioranza dei residenti dei padiglioni di edilizia popolare sarebbero stati costretti a versare cinque o dieci euro euro a settimana.

Un intero rione, secondo la Direzione distrettuale antimafia, era sotto il giogo di Guido Spina. Quest’ultimo, considerato il referente di Cosa nostra nella zona, è stato arrestato e scarcerato per la tredicesima volta. Trapiantato di cuore, Spina può essere curato e assistito solo in una struttura sanitaria. Il controllo sul quartiere era da regime militare. “Fai una cosa Francè – diceva Spina al genero Francesco Firenze – posi il motore e cammini a piedi, padiglione padiglione hai capito? Perché gli dici non mi rinviare a stasera perché di più ci vedono di più siamo in galera”.

Lo spaccato del quartiere in mano alla mafia lo ha fornito il collaboratore di giustizia Sebastiano Arnone: “Con riferimento al padiglioni voglio sottolineare che il 99% degli stessi è abusivo. Il soggetto che controlla questa situazione è Salvatore Vitale, consuocero di Guido Spina, che si occupa di controllare e gestire il tutto. Il Vitale era sottoposto a mio suocero (Salvatore Giordano, poi diventato pure lui collaboratore ndr), Guido Spina e Nicola Ferrara e, quindi, alla famiglia dello Zen. Ogni famiglia paga 10 euro al capo condomino allo Zen, due per tutti i 33 padiglioni per un totale di 88 mila euro al mese. Ogni capo condomino raccoglie 2000 euro al mese e trattiene per se 500 euro come stipendio. Il pagamento fornisce il servizio abusivo di acqua, luce e pulizie”.

Una ventina persone, quelle individuate con certezza nel corso delle indagini coordinate dai procuratore aggiunti Vittorio Teresi e Teresa Principato, e dei sostituti Dario Scaletta, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi, Laura Vaccaro e Francesco Del Bene, sono stati convocati dagli agenti della Dia. E hanno ammesso di avere versato l’obolo a Cosa nostra, affrettandosi, però, a precisare di non sapere che ci fosse la mafia dietro la richiesta di denaro. I soldi, a loro dire, servivano per la festa di quartiere oppure per aiutare qualche famiglia più bisognosa di altre.

Gli investigatori non si fanno illusioni, ma le ammissioni parziali potrebbero essere un buon inizio., il classico bicchiere mezzo pieno degli ottimisti. A fare da contraltare sono le disarmanti dichiarazioni di una decina di persone. Hanno negato tutto. Caduti dalle nuvole di fronte al fatto che i loro nomi saltino fuori dalle indagini e nei racconti dei collaboratori di giustizia.

 


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