Crisi Call center, lavoratori:| “No alla delocalizzazione” - Live Sicilia

Crisi Call center, lavoratori:| “No alla delocalizzazione”

In concomitanza con l’incontro svoltosi quest’oggi a Roma al ministero dello Sviluppo economico per discutere del futuro del comparto anche a Catania si è tenuto un presidio di protesta. Antonio D’amico, segretario Cisl-Fistel, “Migliaia di famiglie appese ad un filo. I contratti sono tutti in deroga fino a giugno”.

il presidio
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CATANIA – Sono ore decisive per il comparto dei call center e delle telecomunicazioni del paese. Questo oggi si è svolto, infatti, un tavolo al ministero dello Sviluppo economico in cui si è discusso in merito al futuro delle tante famiglie che vivono di questo lavoro. Solo a Catania si contano circa 1200 dipendenti più 600 precari. A preoccupare i lavoratori sarebbero ancora una volta, da un lato la mancata applicazione dell’articolo 24 bis volto a regolare le logiche delle delocalizzazioni delle attività da parte delle aziende e dall’altro gli ammortizzatori sociali già in deroga e vicini alla scadenza. In concomitanza dell’incontro al ministero questo pomeriggio hanno ha avuto luogo centinaia di sit in di protesta per la salvaguardia occupazionale: oltre a Roma di fronte la sede del decastero anche a Catania in piazza Università. Presenti i rappresentanti sindacali FISTEL CISL dei call center Almaviva di Misterbianco, del Qè di Paternò e del Visiant di Catania.

Al centro delle polemiche le possibili gare al massimo ribasso operate da parte di aziende come Enel, Poste Italiane e Inps. Società che non avrebbero, secondo i lavoratori e sindacati, ottemperato alla norma che obbliga le aziende a comunicare ai ministeri la volontà o meno di trasferire gli appalti delle commesse all’estero, appunto. Un fatto inaccettabile per i sindacati, essendo tali aziende pubbliche.

Critica la situazione del call center AlmaViva. I lavoratori avevano attenuto un accordo di solidarietà tipo B in deroga sino al 2016 che ha permesso finora di tamponare la questione dello “stop” ai contratti di solidarietà decisi dall’Inps a seguito della riclassificazione dell’azienda dal settore Industria ai Servizi. Ma per il futuro non vi è alcuna certezza. “Già da diverso tempo manifestiamo la nostra preoccupazione in merito alla mancata applicazione del 24 bis appunto. – spiega Agata Amato, RSU Almaviva. Ovvero una legge nata proprio per tutelare i lavoratori dall’eventualità che le aziende trasferiscano all’estero il lavoro. Il governo è finora rimasto a guardare mentre i lavoratori si disperano per le loro sorti. AlmaViva da tempo i vertici dell’azienda annunciano licenziamenti su tutto il territorio nazionale”.

Delicata anche la situazione del call center Qè di Paternò. “Io lavoro al Qè di Paternò da dieci anni per conto di Inps. – spiega un’altra lavoratrice. Non si parla di delocalizzazione ancora. Ma l’appalto sia di Enel ché Inps sono stati sono prorogati fino a giugno. Attendiamo di sapere che fine faranno centinaia di lavoratori che da anni. Non sappiamo ancora nulla”. Le lavoratrici tornano poi ad insistere sulle conseguenze derivanti dalle gare al massimo ribasso. “Le aziende affidano la commessa a chi paga meno il lavoro, risparmiano nella manodopera, dunque. Questo di conseguenza va a discapito dei consumatori che invece richiedono qualità e professionalità. All’estero, peraltro, non esistono alcune leggi sulla privacy, pertanto spostare il lavoro in paesi dell’est è controproducente per il cliente stesso che non viene adeguatamente tutelato” – concludono.

“Il presidio di quest’oggi serve – ha affermato Antonio D’amico, segretario Cisl-Fistel Territoriale Catania – a ribadire ancora una volta un secco no agli appalti al massimo ribasso, chiedendo il rispetto della legge del 2012 e l’applicazione delle “clausola sociale” contenuta nel Ddl appalti, che garantisce la continuità occupazionale nel cambio di appalto, e ottenere una marcia indietro da parte del governo in merito alla decisione di privare il settore degli ammortizzatori sociali ordinari. A Catania i le centinaia di lavoratori vivono sulla pelle ogni giorno la crisi del settore. I call center sono ormai la prima industria Siciliana in termini di impiegati. Parliamo di migliaia di famiglie appese ad un filo” – conclude D’Amico.

 

 

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