Malati uccisi in ambulanza |Giallo su 50 casi sospetti - Live Sicilia

Malati uccisi in ambulanza |Giallo su 50 casi sospetti

In manette Davide Garofalo di Adrano.

CATANIA –  Anziani e malati uccisi con un’iniezione di ossigeno nelle vene, per gestire i funerali, la vestizione del defunto e guadagnare 300 euro. Davide Garofalo, il barrelliere degli orrori, è finito agli arresti, i casi accertati sono – secondo i magistrati coordinati dal Pm Francesco Puleio – almeno 3, ma l’indagine potrebbe allargarsi. L’arresto di Garofalo è stato eseguito per i casi documentati con testimonianze dirette, ma ben 10 sono i decessi con indizi, mentre tra il 2014 e il 2016 le morti sospette all’interno dell’ambulanza “sono state cinquanta”, hanno spiegato i magistrati. Cinquanta persone decedute, misteriosamente, in quell’ambulanza degli orrori, ma senza testimoni. Su questi casi difficilmente sarà fatta chiarezza, si tratta di  anziani e malati che i familiari volevano in casa per l’ultime ore o gli ultimi giorni di vita.

LE IENE – L’inchiesta è nata dal servizio delle Iene di Italia 1, che ha documentato, attraverso la testimonianza di un pentito, il metodo utilizzato per anticipare la morte dei malati gravi. Il decesso sarebbe stato provocato attraverso un’iniezione di aria durante il trasporto dall’ospedale alla casa. Un vero e proprio film dell’orrore che era stato denunciato da un testimone di giustizia ai carabinieri che hanno avviato le indagini.

Oggi la svolta nell’inchiesta: i carabinieri di Paternò hanno arrestato Davide Garofalo, 42 anni, di Adrano. L’accusa è di omicidio volontario ai danni di tre persone anziane e malate, crimini commessi “con l’aggravante di aver agevolato le attività illecite sia dell’associazione di tipo mafioso operante in Biancavilla e storicamente denominato clan “Mazzaglia-Toscano-Tomasello”, sia dell’associazione di tipo mafioso operante in Adrano denominato clan “Santangelo””.

L’indagine convenzionalmente denominata “Ambulanza della Morte”, “costituisce – scrivono gli inquirenti – la naturale prosecuzione della serrata attività intrapresa dalla Procura Distrettuale della Repubblica etnea e dai carabinieri di Paternò nel territorio del comune di Biancavilla ad un anno esatto dalle operazioni “Onda d’Urto e “Reset” che ha scardinato le due famiglie mafiose alleate dei Santapaola – Ercolano.

I testimoni e i parenti delle vittime raccontano che i “malati terminali – ricostruiscono gli investigatori – sarebbero stati uccisi all’interno di un’ambulanza in uso a Garofalo iniettando aria nel sistema sanguigno  dei pazienti, cagionandone la morte per embolia gassosa. Il decesso avveniva durante il trasporto dall’ospedale (in prevalenza di Biancavilla) all’abitazione dei pazienti dimessi. I casi – scrivono ancora gli inquirenti – sarebbero iniziati nel 2012 all’insaputa del personale sanitario e dei medici. Successivamente, al momento della consegna della salma sarebbe stato riferito falsamente che la morte era avvenuta per cause naturali durante il trasporto. Il guadagno per il servizio di trasporto e di vestizione dei defunti era di circa 300 euro”. Nei mesi i militari hanno acquisito numerose cartelle cliniche e hanno sentito numerosi testimoni.

ATROCE DELITTO – “Veniva anticipata – spiega il procuratore aggiungo Francesco Puleio che ha coordinato l’inchiesta – la morte delle persone con un disprezzo assoluto per la vita umana, perché il trasporto della salma comportava ulteriori guadagni”. Il comandante dell’arma di Catania Raffaele Covetti sottolinea che l’operazione “giunge al termine di una serie di operazioni condotte dalla Procura, come Onda d’Urto e Reset. Abbiamo documentato tre casi. Colpisce la crudeltà – spiega il colonello – contestata come aggravante a Garofalo. Le vittime sono un novantenne, un ottantenne e un 55enne”. L’aspetto più atroce – secondo la ricostruzione degli inquirenti – è che l’omicidio avrebbe tradito la fiducia delle persone che affidavano a lui il trasporto dei loro cari ammalati. Il magistrato Andrea Bonomo, il pm della Dda che ha coordinato l’indagine dei militari, spiega che “i clan avevano il controllo delle attività di gestione delle pompe funebri. Invece i profitti del trasporto in ambulanza venivano divisi tra gli ambulanzieri e il clan. La mafia lucrava anche sulla vestizione delle persone uccise. I barellieri, compresi Garofalo, sarebbero stati assunti su indicazione dei clan. Garofalo – aggiunge –  era un ambulanziere imposto dal clan, al quale versava una quota dei guadagni”.

Angelo Accardo, capitano dei carabinieri di Paternò punta l’attenzione sull’attività svolta ogni giorno dall’Arma che “assicurando la presenza dello Stato ha consentito di indebolire la morsa dei clan”. Il procuratore Puleio evidenzia inoltre che “sono stati analizzati almeno cinquanta casi sospetti, ma non per tutti sono stati trovati elementi di prova. Sono però almeno dieci i casi dove si sono diversi indizi”. Le ambulanze al centro dell’inchiesta sono gestite da due private. In totale gli indagati sono tre.

IL PLAUSO DEL PRIMO CITTADINO DI BIANCAVILLA – Il sindaco Pippo Glorioso ha espresso all’Arma dei Carabinieri la “soddisfazione dell’Amministrazione comunale per la brillante operazione che ha fatto luce su una vicenda inquietante, con crimini su anziani e malati, che ha turbato e segnato profondamente il nostro territorio”. Glorioso ha sentito telefonicamente il capitano del Nucleo operativo della Compagnia di Paternò, Accardo, e ha poi inviato una nota al Comando provinciale dei Carabinieri di Catania per “esprimere il plauso per l’incisiva azione svolta quotidianamente a tutela della legalità”.  


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