"Quei pazzi dello Zen..." | I boss erano "schifati" - Live Sicilia

“Quei pazzi dello Zen…” | I boss erano “schifati”

Domenico Mammi

Domenico Mammi, neo pentito di Resuttana, racconta storie di potere e violenza nel rione Palermitano.

PALERMO – Lo Zen era una polveriera. I boss cercarono di evitare il peggio. Domenico Mammi, mafioso di Resuttana e aspirante pentito, ricostruisce l’ascesa di Vincenzo Maranzano nel quartiere palermitano: “Fu presentato a Macaluso da Paolo Calcagno (considerato il reggente del mandamento di Porta Nuova, ndr) perché Maranzano e Calcagno erano stati compagni di cella… il Calcagno ce lo raccomandò come una persona a posto cosa che poi a noi non risultò di essere una persona a posto con la testa… era un pazzo scatenato”.

Di fatto allo Zen c’era una sorta di triunvirato al potere: “Vattiato era raccomandato da Liga, ma il Maranzano accanto al Vattiato, col Vattiato e Lorenzo Crivello… dovevano occuparsi… lo vedemmo dall’inizio che era un tipo focoso, un tipo molto convinto”.

I primi guai non tardarono ad arrivare, come ricostruisce Mammi nei verbali pubblicati dal mensile S in edicola : “Iniziamo che andò in una salumeria che si trova allo Zen, senza parlarne prima con nessuno, questa persona di questa salumeria lo aiutava mentre era agli arresti domiciliati, cioè gli mandava la spesa a casa, e ci andò e chiede l’estorsione… ‘qua ormai allo Zen ci sono io, comando io’… combinò un macello iniziò a girare nelle piazze di spaccio… ‘ora la droga la entro io’”.

Fino a quando Vattiato non allertò Macaluso: “… dice… ma questo che sta combinando, qua vengono 200 cristiani al giorno…”. La tensione esplose quando “succede che una sera gli vanno a sparare nella porta di casa… e lui a quel punto voleva ammazzare a tutti… era impazzito”. Gli autori dell’intimidazione a Maranzano rimasero ignoti “perché non si poteva venire a capo, si era fatto odiare da tutto lo Zen, perché abbiamo visto un video si vedevano due andare via con un cappuccio, ma non si potevano riconoscere… proprio si vedeva che sparavano alla finestra”.

Maranzano andò su tutte le furie: … io e Macaluso gli diamo una pistola, una 7.65 a Maranzano e un fucile a canne mozze a Lorenzo Crivello… li viene a prendere Gaetano Maranzano, il figlio di Vincenzo… dopo una paio di giorni questo scese da casa come un pazzo e iniziò a sparare in aria, ‘vi ammazzo a tutti’, tipo Far West”. Maranzano fu richiamato “da Macaluso e Vattiato… andammo da Calcagno e lui gli disse che non c’erano problemi”. Il risultato fu che “gli fu tolto il compito di occuparsi dello Zen”.

Nei mesi successi persino i mafiosi si tennero alla larga dallo Zen “perché era diventata una cosa schifosa, salsiera gli aveva detto a Macaluso di non scendere più, più volte Macaluso gli aveva detto a Salsiera di scendere allo Zen perché Vattiato gli voleva parlare e Salsiera rispose che manco se moriva scendeva allo Zen, ‘io già mi infetto solo trasirici”.

Forse fu proprio l’assenza di controllo a scatenare, in quei giorni, una guerra fra bande che si contendevano le piazze dello spaccio e che armarono la mano di Vincenzo Viviano e dello stesso Maranzano. Il primo è stato condannato, mentre il secondo è ancora sotto processo perché sarebbero stati loro a fare fuoco contro Khemais Lausgi, nell’ottobre 2016. Lausgi, 29 anni, tunisino di origini ma palermitano di nascita, mentre si trovava in via Costante Girardengo, fu colpito al torace, al braccio e al gluteo. Pochi giorni prima il bersaglio di un altro tentato omicidio era stato Benedetto Moceo, 48 anni, ferito al termine di un inseguimento sui tetti delle case della stessa strada.

Si scoprì che a fare fuoco era stato il figlio, Calogero Moceo. L’assenza del giovane ventenne aveva insospettito i poliziotti. Avevano sparato al padre, ma Calogero non si era fatto vivo. Né con una chiamata ai familiari, né con una visita all’ospedale Villa Sofia. La sera stessa del tentato omicidio Calogero era salito su un treno con destinazione Bologna dopo avere fatto tappa a Napoli. E fu arrestato.

Moceo padre era stato pizzicato qualche mese prima all’interno di un magazzino. Nascondeva nove involucri di cocaina e una busta con 29 dosi di marijuana e hashish. L’ipotesi, dunque, è che il secondo tentato omicidio sia stato la reazione al primo. Qualcuno aveva risposto al fermento di Lausgi, divenuto il ras dello spaccio di droga controllato da Cosa nostra, prendendo di mira Benedetto Moceo. Lo Zen era una polveriera.

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