Situazioni diverse, misure uguali| Qualcuno spieghi che senso ha - Live Sicilia

Situazioni diverse, misure uguali| Qualcuno spieghi che senso ha

Anche nella così detta fase 2 non si tiene conto delle diverse situazioni della pandemia. E il Sud resta chiuso.

Il commento
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Il lockdown è servito? Sì, al netto di qualche irriducibile scettico, la necessità della chiusura totale per arrestare la corsa assassina della pandemia è una misura che ha avuto un consenso più che ampio. Gli italiani hanno capito e, malgrado i trasgressori più o meno folkloristici, hanno rispettato i divieti. Oggi, però, in questo 27 aprile 2020, l’Italia chiusa da 50 giorni, milioni di persone impoverite, molte letteralmente disperate, la domanda è semplice: in questo momento in Sicilia, o in Sardegna (da giorni meno di dieci contagi accertati al giorno), o in Basilicata (oggi per la terza volta in due settimane a zero contagi), o in Molise, queste misure di portata enorme che limitano come mai le libertà costituzionali e che hanno come inevitabile effetto collaterale la devastazione dell’economia sono ancora proporzionate alla situazione epidemiologica di quei territori? Imporre un altro mese di chiusura ai bar o ai barbieri è qualcosa che appare giustificabile alla luce degli indici epidemiologici di queste regioni? Il dubbio oggi appare per lo meno legittimo. E l’insofferenza di chi più di altri subisce la chiusura anche. E qui non si parla di voler andare a passeggio con l’amichetta ma di lavorare. Con tutte le misure di sicurezza possibili e immaginabili per contrastare la pandemia e difendere la salute delle persone, questo è pacifico. Dovremo pur farlo un giorno in Italia, correndo il rischio: quali sono i numeri dal punto di vista epidemiologico per permettercelo? E davvero quei numeri non sono già quelli che oggi si registrano in alcune regioni del Centro-Sud?

La Sicilia è la regione italiana con l’indice R0 più basso d’Italia, ci sono province come Trapani in cui il virus sembra quasi sparito. Ma davvero non si può permettere di far lavorare un barbiere a Mazara del Vallo, con mascherine, guanti e divieto di assembramento, per altri 34 lunghissimi giorni? È davvero necessario aspettare che si svuotino le rianimazioni della Lombardia, evento che ci auguriamo di cuore accada al più presto (e fortunatamente sta accadendo), per salvare dallo spettro della fame persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza in un contesto epidemiologico completamente differente tanto più che permane il divieto di mobilità tra regioni?

Oggi una deputata regionale ha posto l’interrogativo: a parti invertite, col Sud ancora infetto e il Nord molto meno, si sarebbe imposto al Settentrione di “aspettare” il Mezzogiorno? Nessuno può rispondere e forse è inutile domandarselo. Senza voler mettere la questione sul piano della contrapposizione, resta un fatto: paradossalmente, grazie alle parziali riaperture delle industrie, al Nord qualcosa si muove in queste settimane, mentre territori scarsamente industrializzati che hanno in commercio e turismo una fetta più alta della loro, già modesta, ricchezza (lo ricorda oggi la  Confcommercio), continueranno a restare fermi, pur avendo una situazione epidemiologica neanche lontanamente comparabile a quella della Lombardia o dell’Emilia Romagna. Lo avevamo scritto nei giorni scorsi e lo ripetiamo adesso: qualcuno, il premier Conte o chi per lui, potrebbe spiegarci per bene cosa c’è di logico in tutto questo? Averlo spiegato, ammesso che una spiegazione ci sia, magari aiuterebbe a sentirsi un po’ più cittadini e un po’ meno sudditi.

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