Cosa nostra, scacco al clan Brunetto Giudizio immediato per 42 indagati

Cosa nostra, scacco al clan Brunetto|Giudizio immediato per 42 indagati

Fissata la prima udienza del processo scaturito dall'inchiesta Jungo condotta dai carabineri di Giarre.

CATANIA – Il clan Brunetto si sarebbe sentito una sorta di ‘governatore’ di Giarre. Avrebbero preso ‘il controllo’ di vari pezzi della città attraverso il traffico di droga, le estorsioni e dei ‘presidi’ camuffati da venditori ambulanti. Pippo Andò, ‘u cinisi’, avrebbe monitorato così piazza Trepunti, trasformata all’esigenza anche in luogo di incontri e violenti pestaggi. L’operazione Jungo, scattata qualche mese fa, ha però liberato Giarre dal questa cappa mafiosa ridando l’ossigeno della legalità. 

Non solo clan Brunetto

Nel cerchio investigativo sono finiti i vertici degli alleati storici dei Brunetto: Carmeluccio Pietro Oliveri, Pippo Andò, i suoi nipoti. Ma nelle rete delle intercettazioni è rimasto incastrato Carmelo Salemi, il boss che avrebbe preso le redini del gruppo di Picanello a Catania dopo l’arresto di Giovanni Comis qualche anno fa. Non è finita: perché c’è anche Mirko Casesa e Giovanni Mazzaglia, del gruppo Santapaoliano di Mascalucia, nella lunga lista degli indagati. Insomma l’operazione è riuscita a documentare anche i ‘rapporti’ tra le varie cellule di Cosa nostra catanese.

Voglia di legalità

L’inchiesta prende il nome dal quartiere popolare dove l’organizzazione mafiosa avrebbe creato una piazza organizzata di spaccio. Ma è bene evidenziare che a richiedere l’azione di bonifica criminale ai carabinieri della Compagnia di Giarre sono stati gli stessi residenti. Un segnale che fa ben sperare. 

La schedatura del voto

Dalle indagini sono emersi anche retroscena inquietanti: come quello della schedatura degli elettori. Un sorta di libro mastro del voto trovato a casa di uno degli indagati che evidenzia come il clan avrebbe voluto in qualche modo ‘controllare’ e magari ‘orientare’ i voti. Un dato però che è rimasto senza riscontri oggettivi per poter individuare specifiche contestazioni. 

L’apertura del processo

 Dovranno presentarsi il 7 ottobre davanti al Tribunale di Catania i 42 indagati dell’inchiesta Jungo per cui il sostituto procuratore Giuseppe Sturiale ha chiesto il giudizio immediato. E che è stato accolto dalla gip Giuseppina Montuori. Sono state stralciate le posizioni che non hanno avuto conferma dal Tribunale del Riesame.

Sono 41 i capi di imputazione elencanti nel decreto: mafia, droga, estorsioni. E tra le fonti di prova sono inseriti i verbali dei collaboratori di giustizia Carmelo Porto, ormai ex uomo di vertice dei Cintorino, e Antonio D’Arrigo, soldato del gruppo di Picanello di Cosa nostra. 

Gli imputati

I NOMI – Alessandro Andò, Angelo Andò, Emanuele Andò, Francesco Andò, Giuseppe Andò, Fabio Blanco, Carmelo Caminiti, Mirko Pompeo Casesa, Leonardo Cavallaro, Angelo Cesarò, Giovanni Marco Condorelli, Michelangelo Costanzo, Valerio Sergio Di Stefano, Giuseppe Giamaglia, Antonino Grasso, Salvatore Grasso, Antonello Iapicca, Aldo Impellizzeri, Andrea Leonardi, Orazio Leotta, Fabio Liotta, Alessandro Longhitano, Giovanni Mazzaglia, Marco Miraglia, Cateno Musumeci, Pietro Carmelo Olivieri, Leonardo Patanè, Piero Patanè, Giovanni Raciti, Carmelo Salemi, Salvatore Santitto, Jonathan Mattia Savoca, Concetto Sorbello, Mario Tarda, Salvatore Tarda, Salvatore Sebastiano Tarda, Adriano TIzzone, Alfio Torrisi, Gaetano Torrisi, Claudio Turrisi, Giovanni Vitale, Fabio Leonardo Zappalà. 

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