Mafia, i Nicotra al potere Condannati i gregari del clan

Mafia, i Nicotra al potere|Condannati i gregari del clan

La sentenza della gup.
L'inchiesta Gisella
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CATANIA – Una sentenza che per la prima volta, a livello giudiziale, sancisce l’esistenza del clan Nicotra di Misterbianco. Una cosca scomparsa negli anni della guerra di mafia contro il gruppo di Giuseppe Pulvirenti u Malpassotu.

Il ritorno del clan

In quella faida Mario U Tuppu Nicotra, nel 1989, è stato ammazzato. Il fratello Tano e i parenti sono “scappati” in Toscana per sfuggire alle pallottole. Circa dieci anni fa sarebbero tornati, forti dell’alleanza con i Mazzei di Catania. Un accordo che significa “appartenenza a Cosa nostra”. 

Il rito abbreviato

Un verdetto quella della gup Maria Ivana Cardillo che ieri ha chiuso il primo step processuale dello stralcio abbreviato del procedimento frutto dell’operazione dei carabinieri che nella primavera del 2019 hanno bloccato le mire mafiose della cosca etnea nel comune alle porte di Catania e a Motta Sant’Anastasia.

Anzi il blitz antimafia, scattato pochi giorni dopo le elezioni amministrative, ha scosso non poco la comunità e l’opinione pubblica della cittadina medievale. L’inchiesta Gisella, coordinata dal pm Marco Bisogni, ha tolto un velo e scoperchiato una realtà: il clan dei Tuppi avrebbe creato una cellula criminale a Motta. 

La cellula di Motta

Il gup ha condannato proprio i referenti di quella costola del clan Nicotra. I personaggi più di rilievo, cioè quelli che avrebbero mantenuto i rapporti con i vertici dei Nicotra, ci sono Filippo Buzza e Daniele Di Stefano, detto Manitta.

I contatti con l’appuntato

Il primo oltre a curare gli affari criminali della cosca avrebbe anche mantenuto i contatti diretti con l’appuntato scelto Gianfranco Carpino (processato nel rito ordinario), in servizio alla locale stazione dei carabinieri di Motta, che avrebbe tradito la sua divisa per fornire informazioni e favori ai gregari dei Tuppi.

La sentenza

La condanna più severa è stata inflitta a Filippo Buzza, la gup ha comminato una pena di 14 anni e 1 mese di reclusione. Domenico Agosta è stato condannato a 10 anni e 8 mesi, Daniele Di Stefano a 10 anni e 4 mesi, Rosario Salvatore Cantali a 4 anni, Emanuele Agosta 3 anni e 8 mesi, Filippo Di Stefano a 3 anni e 4 mesi, Giuseppe Antonio Navarria a 3 anni e 4 mesi. Per quest’ultimo la giudice Cardillo ha escluso l’aggravante mafiosa.

La sentenza del gup
Giuseppe Antonio Navarria

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni. Gli avvocati Francesco Marchese, difensore di Daniele e Filippo Di Stefano, Salvo Leotta, difensore di Domenico ed Emanuele Agosta, e Salvo Pace, difensore di Filippo Buzza, annunciano il ricorso in appello. Appuntamento, dunque, per il secondo grado di giudizio. 

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