PALERMO – Mascherare lo stato di insolvenza, trasferire risorse altrove, compensare crediti fiscali inesistenti. Secondo la Procura, c’era un piano per “svuotare” l’Us Città di Palermo. Ecco il cuore del’atto di accusa nei confronti dei fratelli Salvatore e Walter Tuttolomondo, arrestati nella notte.
Per prima cosa, però, si doveva tentare il salvataggio disperato della società e ottenere l’iscrizione al campionato di serie B. Le due condizioni essenziali vennero meno entrambe.
Il Palermo nel 2019 viene penalizzato, non può disputare i play off per la promozione in serie A e deve iscriversi in serie B. I Tuttolomondo si rivolgono ad un broker bulgaro, e non al tradizionale partner assicurativo, per ottenere una fideiussione da 800 mila euro che non arriva.
Per mettere i conti a posto, o meglio per renderli apparentemente in regola agli occhi degli organismi di vigilanza i fratelli Tuttolomondo avrebbero attivato soprattutto una serie di acquisti di crediti o compensazioni di debiti fiscali “fantomatici” con società “inattive”. Così hanno accertato i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria.
“A quel punto Tuttolomondo e gli altri indagati – scrive il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Jannelli – si sono trovati per le mani la patata bollente di una società piena di debiti e senza alcuna liquidità. Per salvare le apparenze e tentare comunque l’iscrizione al campionato hanno cercato di nascondere lo stato di insolvenza. Gli indagati hanno innanzitutto tentato di abbattere i debiti fiscali – prosegue il Gip- effettuando delle compensazioni con dei crediti tributari portati in dote da altre società del gruppo Arkus, questi crediti sono tuttavia rilevati inesistenti”.
Non bastò e arrivò il fallimento della società su richiesta della Procura e su istanza di alcuni creditori, fra cui dei giocatori che non avevano incassato gli stipendi.
A quel punto l’Us Città di Palermo perde valore. Diventa un sacco vuoto, disperde ad esempio “il valore dei diritti alle prestazioni pluriennali dei giocatori pari ad oltre 25 milioni e ottocentomila euro” visto che i giocatori si svincolano gratuitamente dal rapporto lavorativo con la società. Stessa cosa per i calciatori del vivaio che valgono un milione e 700 mila euro.
Ed inizia la seconda fase, “a partire dal momento prima che la barca affonda Tuttolomondo, i suoi collaboratori ed i loro professionisti hanno depredato il più possibile le liquidità rimaste in società attraverso pagamenti preferenziali e condotte di bancarotta per distrazione”.
Che qualcosa non stia andando per il verso giusto inizia a venire a galla. C’è un caso emblematico: la società perfezione l’acquisto di un “fantomatico ramo di azienda”, acquisendo anche un credito tributario della Tecnosystem group che però “all’anagrafe tributaria risulta inattiva”.
Ad accorgersi dell’operazione è l’allora presidente del Palermo, Alessandro Albanese, che è anche presidente degli industriali palermitani. I finanzieri registrarono la seduta del Cda in cui diceva: “Concludo dicendo che nel fare naturalmente questa trimestrale dobbiamo considerare che per ora questo credito non esiste, non c’è più giusto oltre questo verbalizziamo che naturalmente a questo punto questo credo non può far parte diciamo dell’attivo e finanziariamente infatti un debito inesistente un credito inesistente”.
I Tuttolomondo avevano voluto Albanese come figura di garanzia del loro progetto. I curatori fallimentari nominati dal Tribunale si accorgono che il 19 giugno 2019 Albanese risulta dal verbale fra i presenti alla seduta del Consiglio di amministrazione in cui è stato deliberato l’acquisto del ramo di azienda che comportava anche l’acquisizione di un credito di 2 milioni e 900 mila euro.
Non è vero, Albanese contesta con una e mail ufficiale i fatti all’indomani della seduta. Si tratta di falso tanto che il 27 giugno successivo Albanese chiede e ottiene l’annullamento della delibera. Poi, “quando apprende del perfezionamento dell’operazione negoziale contestata di dimette”. Il colonnello Angelini: “Cercato il colpo di mercato” – LEGGI GUARDA IL VIDEO