Dal bluff Palermo alla bancarotta: arrestati i fratelli Tuttolomondo - Live Sicilia

Dal bluff Palermo alla bancarotta: arrestati i fratelli Tuttolomondo

Inchiesta dei finanzieri sugli imprenditori che rilevarono la società da Zamparini - Il VIDEO

PALERMO – Dovevano salvare il vecchio Palermo, poi miseramente fallito, e ora finiscono in carcere. La Procura della Repubblica contesta ai fratelli Salvatore e Walter Tuttolomondo, di 65 e 53 anni, una sfilza di reati.

I reati contestati

Le ipotesi di reato sono: bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio e reimpiego di denaro, falso e ostacolo alle funzioni della Commissione di vigilanza sulle società di calcio (Covisoc) della Fgic.

Tre misure interdittive

Con la stessa ordinanza il giudice per le indagini preliminari del Tribunale Lorenzo Jannelli, su richiesta del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Salvo De Luca e dei sostituti Andrea Fusco e Dario Scaletta ha imposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto per un anno di esercitare imprese, uffici direttivi di persone giuridiche o professioni per la durata di un anno a Roberto Bergamo (classe 1958, che del Palermo dei Tuttolomondo era amministratore delegato), Tiziano Gabriele (classe 1972) e Antonio Atria (classe 1966). GUARDA IL VIDEO DELLA GUARDIA DI FINANZA

Si era capito da tempo che i guai degli uomini legati alla “Us Città di Palermo”, sulle cui ceneri è successivamente nata una nuova società che nulla ha a che vedere con il passato, non sarebbero finiti con la dichiarazione di fallimento dell’ottobre 2019.

Il fallimento

Il fallimento ha innescato la contestazione di bancarotta fraudolenta. I Tuttolomondo rilevarono il vecchio Palermo calcio da Maurizio Zamparini (sotto processo in Tribunale) attraverso la Sporting Network, società controllata dalla Arkus Network. In mezzo ci fu il fugace passaggio di proprietà agli inglesi di Sport Capital Group Investments che lro ricedettero tutte le quote ad una neonata società in cui figura l’ex capo dell’area tecnica Rino Foschi. Quindi la cessione ai Tuttolomondo.

Dissipazione e distrazione sono le due parole chiave nella ricostruzione del procuratore dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria.

Ad inizio dell’estate 2019 i Tuttolomondo non depositano la fideiussione necessaria per iscrivere la squadra al campionato di serie B. La società senza il titolo sportivo perde ogni valore. Il patrimonio potenziale, stimato in 21 milioni, viene depauperato.

Quindi si verificherebbe la distrazione di una parte dei beni dal patrimonio societario. Ad agosto 2019 Arkus Network, la società dei Tuttolomondo, chiede al Tribunale di accedere al concordato preventivo. Altro non è che uno strumento che la legge mette a disposizione dell’imprenditore, in crisi o in stato di insolvenza, per evitare la dichiarazione di fallimento attraverso un accordo che soddisfi anche solo in parte le richieste dei creditori. In questo caso si tratta di alcuni giocatori a cui non sono stati pagati gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno 2019.

“Parcelle anomale”

Quando la domanda per il concordato è già stata presentata in Tribunale Arkus esegue alcuni pagamenti in favore dei dipendenti, anche loro senza stipendio, e di alcuni professionisti, soprattutto avvocati, per un totale di 630 mila euro.

Prima di pagare, però, avrebbe dovuto chiedere, e non lo ha fatto, il permesso al Tribunale. Ed è il motivo per cui viene respinta la richiesta di concordato e dichiarato il fallimento.

La faccenda si sposta sul piano penale – e siamo all’ipotesi della bancarotta per distrazione – quando si scopre che 341.600 euro sono stati pagati in favore della Struttura srl a titolo di “anticipo contratto incarico professionale” per mettere a punto la richiesta di concordato preventivo.

Un compenso che già i giudici fallimentari (Gabriella Giammona, Giuseppe Rini e Flavia Coppola) definirono “gravemente sproporzionato rispetto alla tariffa professionale di riferimento”.

“Tutto regolare”

Struttura srl fa capo al Gruppo Arkus degli stessi Tuttolomodo, precisamente alla Sporting Network srl, titolare dell’intero capitale della Us Città di Palermo spa tramite la controllata Palermo Football Club spa. I Tuttolomondo non negano la circostanza. Anzi, la confermano e giustificano in nome del rapporto fiduciario. Insomma si fidano solo di loro stessi.

Struttura srl “risulta essersi limitata a svolgere un mero ruolo di intermediazione rispetto alla scelta dei professionisti chiamati a redigere il piano”.

I conti non tornano

L’accordo prevede che per la sola scelta degli avvocati il Palermo paghi 560.000 euro a Struttura srl, duecento mila euro in più dei professionisti che materialmente devono redigere il piano.

I conti non tornano e la Procura non smette di indagare. E si scopre che i Tuttolomondo avrebbero saldato debiti fiscali utilizzati in compensazione di crediti fiscali inesistenti per 1,4 milioni di euro (sarebbe stato l’unico modo per mascherare lo stato di insolvenza dei conti del vecchio Palermo calcio) e utilizzato parte del denaro distratto per nuove iniziative imprenditoriali.

I finanzieri del comando provinciale, guidati dal generale Antonio Nicola Quintavalle Cecere, e del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma, oltre ad arrestate i fratelli Tuttolomondo hanno sequestrato preventivamente un milione e 395 mila euro.

“Un colpo di mercato”

“Gli indagati hanno cercato il colpo di mercato, acquistando per soli 10 euro una società in forte difficoltà economica con l’obiettivo di entrare in possesso del tesoretto di circa 40 milioni di euro tra diritti televisivi e sponsorizzazioni in caso di promozione della squadra in serie A- spiega il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria -. Tramontata questa possibilità, gli indagati si sono trovati tra le mani una società pesantemente indebitata e senza liquidità: per cercare di ottenere comunque l’iscrizione al campionato di serie B hanno cercato di mascherare lo stato di insolvenza tramite compensazioni di ingenti debiti fiscali con crediti tributari inesistenti e ponendo in essere altre azioni fraudolente per far apparire come effettuati i pagamenti dovuti a calciatori e dipendenti”.


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