Riscuoteva il pizzo per conto del clan: la moglie del boss in carcere - Live Sicilia

Riscuoteva il pizzo per conto del clan: la moglie del boss in carcere

Rosaria Arena è la consorte di Turi Rapisarda. La condanna definitiva è arrivata dieci anni dopo il blitz.
IL PROCESSO ORDINARIO
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CATANIA – Ha già trascorso due notti nel carcere di Messina Rosaria Arena, la moglie di Turi Rapisarda, il ‘boss’ della famiglia mafiosa di Paternò alleata ai Laudani di Catania. I carabinieri hanno eseguito un ordine di carcerazione per una condanna a 7 anni e 10 mesi (residuo pena) disposto dall’autorità giudiziaria catanese. La sentenza è arrivata al termine di un lungo iter processuale scaturito dall’inchiesta Baraonda, scattata nel 2010. I carabinieri eseguirono una serie di fermi che portarono a decapitare il clan Morabito-Rapisarda. In particolare, l’indagine della Dda etnea documentò il giro di estorsione messo in piedi dalla cosca all’ombra del castello normanno. 

Il provvedimento eseguito dai carabinieri è stato emesso dopo che la Cassazione ha respinto il ricorso della difesa di Rosaria Arena, rendendo così definitiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Catania, che aveva già confermato il verdetto di primo grado del processo ordinario del Tribunale che aveva condannato la moglie del boss a 8 anni di reclusione. Il residuo pena è calcolato decurtando già i mesi trascorsi in custodia cautelare. 

La maggior parte degli indagati dell’operazione Baraonda scelsero il rito abbreviato che si chiuse in pochi anni, con diverse condanne e alcune assoluzioni. Dall’inchiesta emerse il ruolo di alcune donne del clan, tra cui Rosaria Arena, ‘cassiera’ del pizzo. La moglie del boss, infatti, sempre scortata dal picciotto di turno, andava personalmente a riscuotere le ‘mensilità’ dai commercianti e dagli imprenditori taglieggiati. 

La donna, che è difesa dagli avvocati Valerio Vianello e Antonio Giuffrida, ha alcuni problemi di salute. “Avanzerò nei prossimi giorni una richiesta di detenzione domiciliari al magistrato di sorveglianza di Messina per l’applicazione di detenzione domiciliare per motivi di salute”, ha detto a LiveSicilia il penalista Giuffrida.

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