"Mai con la Lega, Iv tragga le conseguenze o revoco gli assessori"

“Mai con la Lega, Iv tragga le conseguenze o via gli assessori”

Orlando: "Faccio un appello alla coerenza e al bene della città"

PALERMO – “Mai con la Lega. Italia Viva? Ha fatto un atto di chiarezza e per questo li ringrazio: adesso gli assessori decidano se restare o trarne le conseguenze e se non lo faranno revocherò loro le deleghe”. Dopo giorni di silenzio e al culmine di una crisi che va avanti da giorni, Leoluca Orlando rompe il silenzio e sancisce la rottura con i renziani. In una conferenza stampa convocata di domenica mattina e con la partecipazione degli assessori rimasti fedeli, il sindaco punta il dito contro chi ha proposto un “modello Draghi” e si dice pronto ad andare avanti anche senza una maggioranza in Aula.

Una reazione furiosa, quella del primo cittadino di Palermo, che mette sotto accusa la guida del consiglio comunale Totò Orlando (che da poco ha aderito a Iv), punta il dito contro “le centinaia di delibere che giacciono all’ordine del giorno” e grida allo scandalo per la bocciatura del bilancio consolidato e del piano triennale delle opere pubbliche. “Faccio a tutti un appello alla coerenza e a operare per il bene della città”.

“Mai con Salvini”

Un’accusa a tutto campo che sembra non risparmiare nessuno e che politicamente si basa sulla difesa di una storia personale: “Nel 2017 gli elettori hanno scelto una coalizione e un programma – ha attaccato il Professore – La nostra esperienza è alternativa a Salvini e una presenza di una sua lista in maggioranza sarebbe una provocazione”. Immediata la risposta del gruppo leghista: ““Mai con la Lega? Per noi è una medaglia se lo dicono figuranti del sindaco Orlando del calibro del vicesindaco Giambrone e degli assessori Catania, Di Dio, Marano, Marino, Mattina, Petralia Camassa, Prestigiacomo e Zito – dicono Alessandro Anello, Igor Gelarda e Vincenzo Figuccia – Gente che ha distrutto Palermo, ma che ormai per fortuna rappresenta il passato non avendo più nessun contatto con la città, né rappresentanza fra la maggioranza dei palermitani. Per spostare l’attenzione dalle loro incapacità le varie amministrazioni messe in piedi da Orlando hanno sempre avuto bisogno di un gran nemico sul quale scagliarsi. Che oggi si chiama Matteo Salvini”.

“Persi investimenti e posti di lavoro”

Il sindaco mette sul piatto la bocciatura del bilancio consolidato e del piano triennale delle opere pubbliche, la cui conseguenza – secondo Orlando – sarebbe il blocco dell’aumento delle ore per i precari e lo stallo di centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro. “Nell’arco di otto giorni sono stati bocciati due atti con il contributo di un gruppo che fa parte della maggioranza – ha detto il Professore, con un chiaro riferimento ai renziani – Questo comporta il blocco assoluto di ogni operazione per il potenziamento della macchina comunale e la perdita di investimenti e posti di lavoro”.

Una tesi in realtà non proprio solidissima: il consolidato è stato sì bocciato, ma per assenze diffuse nella maggioranza e con Italia Viva presente quasi al completo. Discorso a parte va fatto per il piano triennale: durante il dibattito in Aula gli uffici (sia tecnici che della Ragioneria) avevano spiegato che non ci sarebbero state conseguenze se non per gli accordi quadro, finanziabili comunque nei quattro anni, e che gli impegni di spesa andavano presi entro il 2020 (cosa non avvenuta). Né l’amministrazione attiva aveva segnalato un pericolo così immediato e concreto. Ma oggi il sindaco ha ribaltato tutto: “Gli uffici forse si riferivano ad altre fattispecie e i consiglieri non hanno certo bisogno che qualcuno spieghi loro cosa comporta bocciare un piano triennale”, ha detto Orlando che ha anche citato le opere che a suo dire sarebbero bloccate come i 300 milioni del tram, 90 per il centro storico, 28 di Agena Urbana, 58 ex Gescal, l’accordo quadro sulle manutenzioni fermo all’Urega, paventando addirittura un danno erariale (che però gli uffici non hanno mai segnalato).

Gli assessori Iv, Rap e Amat

Toni Costumati e Leopoldo Piampiano, almeno per il momento, restano al loro posto. “Li ho chiamati giorni fa per chiedere se ritenessero doveroso dimettersi e non ho ricevuto risposta – ha detto Orlando – Li nomino io e non per appartenenza politica, ma cogliendo sensibilità politiche. Se ritengono di identificarsi nella posizione di chi vuole l’alleanza con Salvini, saranno loro a dimettersi. Altrimenti sarà inevitabile il ritiro delle deleghe”. Una decisione attesa a giorni, visto che presto si convocherà nuovamente la giunta, e che aprirebbe a un rimpasto guardato con attenzione da chi, come il Pd, finora è rimasto alla finestra. E sul rapporto con i dem, il Professore ha precisato: “Faccio parte della direzione nazionale del Pd, ho sempre rivendicato la particolarità del percorso a Palermo e i democratici sono lealmente in maggioranza dal 2017 partecipando a questa esperienza”.

Per la Rap si annuncia un nuovo cda, anche se è più probabile che al momento resti alla guida il collegio sindacale: trovare qualcuno disposto (per mille euro lordi al mese) ad affrontare una probabile emergenza rifiuti, a causa della saturazione di Bellolampo, non sarà facile. “Io non ho mai criticato apertamente Norata – ha detto Orlando – Ma ho sempre evidenziato l’inadeguatezza del servizio e una differenziata a livelli vergognosi senza che ci siano stati miglioramenti”. Una colpa che viene attribuita al solo Norata e non anche al resto del consiglio di amministrazione che ha presentato le dimissioni. A rischio anche la poltrona di Michele Cimino all’Amat: “Le scelte che riguardano i vertici aziendali sono tecniche, se qualcuno ritiene di caricare di valenza politica l’incarico sia conseguente”.

Un Orlando contro l’altro

Il sindaco ha poi preso di mira ancora una volta il suo omonimo e presidente del consiglio Totò Orlando. “Il nervosismo alla guida del consiglio comunale ha trasformato l’Aula in un luogo per processare dirigenti e funzionari – ha tuonato il Professore – Evidenzio l’inattività del consiglio, se si escludono i debiti fuori bilancio, e tenere in piedi una finta maggioranza è un’operazione che la città non merita in un consiglio dalle dinamiche impazzite. Mi sono guardato allo specchio e vado avanti nell’interesse della città e della maggioranza, del programma che abbiamo deciso nel 2017. Se qualcuno pensa che basta un caffè e amici come prima, si sbaglia”. Citata anche la lettera contro Totò Orlando presentata dalla maggioranza (tranne Iv), M5s e ferrandelliani: “L’Aula è in uno stato confusionale, i consiglieri possono emendare le delibere ma non respingerle”. E il sindaco cita anche i regolamenti fermi: beni comuni, lavori sottosoglia, mercati, medie strutture, arte di strada, verde pubblico, democrazia partecipata, ispettori ambientali, botteghe di strada.

Il problema è che i numeri non ci sono: anche se la maggioranza provasse ad allargarsi puntando su forze “dialoganti” e nell’alveo del centrosinistra, il sindaco non ha più i voti necessari e sarà costretto a una navigazione tempestosa. Scontato il blocco al nuovo Piano regolatore, ma adesso ci sono a rischio anche il Pef, le tariffe Tari, il bilancio e di volta in volta dovrà puntare su geometrie variabili che però, a un anno dal voto, appaiono assai difficili.

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