Quello che resta di una pena è questo abbraccio, da cui ci allontaniamo con discrezione per non disturbare e perché è giusto che cali la dissolvenza. Ma è anche giusto conservare nel cuore un simile frammento di gioia. Nicola, il bambino scomparso nel Mugello e poi ritrovato, ha potuto abbracciare la sua mamma, come è noto. In un video si documenta il fatto. Qualcuno dice: “Ecco la mamma”. Poi si vedono braccia che circondano un corpicino, intorno a un telo per scaldare e delle piccole gambe, prima delle procedure di rito.
E, per una volta, l’economia dei clic non cozza contro la risonanza dei sentimenti. Sopportiamo a dovere i secondi necessari del marketing, da lettori impazienti, perché vogliamo vedere quell’abbraccio anche di sfuggita. Perché abbiamo bisogno di una colomba con un ramoscello nel becco, dopo la tempesta. Perché dopo troppe negazioni necessarie, gli abbracci sono l’acqua per chi ha sete. Non più differibili.
Così, perfino nell’effimero delle didascalie che si sovrappongo, è dolce tenere ancora un po’ i frammenti di un lieto fine, compresa la foto del carabiniere che regge il bambino. Il bambino ha una faccia serissima. Il carabiniere ha due occhi spalancati e sembra lui il bambino. E insieme a questa gioia non possiamo evitare la punta di coltello rovente di un dolore che non vorremmo ma c’è. Il dolore per ogni bambino che non ha riabbracciato la sua mamma.