Condannati il boss che evitò l'ergastolo e "i suoi prestanome"

Condannati il boss che evitò l’ergastolo e “i suoi prestanome”

Soldi investiti in pub, rimessaggio barche e pompe di benzina
PALERMO-MAFIA
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PALERMO – Tutti condannati. Sia il boss imprenditore che i suoi presunti prestanome. Sotto processo c’era innanzitutto Cosimo Vernengo, mafioso di Santa Maria di Gesù, rimasto una decina di anni in carcere pur sapendo di non avere ammazzato il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta.

Scarcerato nel 2011, tornò agli arresti domiciliari prima per un’estorsione ai danni dei titolari di una sala bingo del rione Guadagna e poi per intestazione fittizia e riciclaggio. Il Tribunale lo ha condannato a cinque anni e quattro mesi di carcere.

Secondo la ricostruzione del pubblico ministero Dario Scaletta e dei finanzieri del Nucleo di polizia valutaria, Vernengo avrebbe avviato una rete di imprese grazie anche a Giuseppe Farina (condannato a due anni), e Maria Angela Lopez (anche a lei sono stati inflitti due anni). Due anni e tre mesi è la condanna inflitta a Pietro Vernengo (figlio di Cosimo, ndr).

Assolti Antonio e Rita Sampino (difesi dagli avvocati Antonio Sottosanti Alessandro Samatov ed Eleonora Puleo), mentre per Davide Fucile è intervenuta la prescrizione. Nel caso di Alessandro Coniglio il tribunale ha deciso la restituzione degli atti alla Procura. Le indagini patrimoniali sono complesse e le condanne non sono frequenti.

Le imprese intestate fittiziamente sarebbero state un distributore di benzina, la Gpv Service di via Emanuele Paternò, un’impresa che si occupa di rimessaggio barche e il Cantaloop Pub di via dei Cassari, la strada della Vucciria dove lo scorso maggio è stato assassinato Emanuele Burgio e dove nei giorni scorsi è stata sequestrata una pizzeria abusiva.


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