Operazione Messina Denaro: caccia grossa fra Palermo e Trapani

Caccia a Messina Denaro: perquisizioni a tappeto in Sicilia

Individuate una ventina di persone sospettate di proteggere il latitante

Le sirene scuotono la notte. Gli agenti del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Palermo, Trapani e Agrigento stanno perquisendo una serie di obiettivi sensibili. Si cerca Matteo Messina Denaro. Impegnati oltre 150 uomini dei reparti speciali.

La Procura di Palermo ha individuato una ventina di persone che potrebbero coprire la latitanza del padrino di Castelvetrano. Gente che proviene dal passato di Cosa Nostra e volti nuovi.

Case, magazzini e anfratti

Gli agenti stanno setacciando ogni centimetro di case, magazzini, anfratti. Cercano il latitante o una sua traccia, qualcosa che riconduca al capomafia imprendibile dal 1993. Di recente abbiamo sentito la sua voce, vera, registrata nel corso di un vecchio processo. Ieri, forse, la sua immagine ripresa da una telecamera di sicurezza: un uomo seduto sul lato passeggero di un Suv filmato in una strada di Santa Margherita Belice. Era il 2009 e c’è il sospetto che l’uomo con gli occhiali e stempiato fosse Messina Denaro, immortalato nei pressi della masseria di un suo favoreggiatore, Pietro Campo. Gli investigatori non riuscirono a risalire ai due uomini.

La caccia a Messina Denaro prosegue, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido. Vecchi e nuovi indizi sono alla base delle perquisizioni in corso. Centinaia di poliziotti in azione nelle province di Trapani e Agrigento.

Le ultime piste

Il maggio 2019 all’interno dello studio dell’avvocato di Caicattì, Angela Porcello, arrestata per mafia (la sua è una posizione ambigua, ha avviato un tira e mola con la Procura), saltò fuori il nome del latitante. A parlare erano Giancarlo Buggea e Simone Castello di Villabate (un tempo postino di Bernardo Provenzano). Discutevano di un grosso affare che doveva coinvolgere anche la famiglia americana dei Gambino.

Buggea e Castello ad un certo punto scelsero di non parlare e iniziarono a scrivere su un foglio di carta. Buggea, però, sussurrava il nome del latitante: “Messina Denaro… iddu… la mamma del nipote che è di qua… è mia commare… hanno sequestrato tutti i telegrammi mandati dalla posta di Canicattì… per vedere… per capire…”.

La donna del mistero

Il 13 gennaio 2020 Buggea parlava con lo stiddaro Antonino Chiazza. Per esautorare l’anziano boss di Canicattì, Calogero Di Caro avevano bisogno del via libera di Messina Denaro che poteva essere informato attraverso un canale riservato di comunicazione. “… e quelli di Trapani lo sanno dov’è?”, chiedeva Chiazza. Buggea era chiaro: “Minchia, non lo sanno? Lo sanno… sua madre, non ti ricordi che…”. L’audio era disturbato. Si sentiva Chiazza aggiungere che “noialtri con Matteo glielo dovremmo dire… ci volevano altri due che ci andavano…”.

Sarebbe stata dunque una donna a potere attivare il canale di comunicazione? Secondo gli investigatori, dovrebbe trattarsi di Maria Insalaco, la madre di Luca Bellomo, nipote di Messina Denaro (è il marito di Lorenza Guttadauro). Solo che la donna è deceduta ad aprile 2019.

“Io so chi lo porta”

L’11 febbraio un’ulteriore conversazione ancora più chiara. Buggea diceva a Chiazza di sapere chi si occupava della gestione del latitante. “Io lo so chi lo porta, io lo so chi lo porta”. Buggea poteva sfruttare il canale, anche se si rammaricava di non avere avuto “l’onore e manco il piacere” di conoscere il latitante.

Addirittura Buggea riportava il volere di Messina Denaro: “… ascolta, vedi che… panza all’aria… (soprannome, ndr) ti posso dire una cosa? L’ho chiamato in questi giorni, gli ho detto… e lui era qua a Canicattì. E tutti già ci stavano… me lo hanno detto a me… dice che c’erano chiacchiere con Matteo Messina Denaro, dice che non vuole… i carabinieri e la polizia”.


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