“Spegniamo la violenza”, è il titolo del video in cui gli avvocati palermitani si uniscono in un unico ‘no’ per ribadire la lotta al femminicidio e a ogni forma di sopruso. Ecco il filmato girato al Tribunale di Palermo.
Il commento del magistrato Lorenzo Matassa
Vorrei conoscere lo sceneggiatore ed il regista dello short-movie (così dovrebbe chiamarsi…) di recente realizzato dagli avvocati di Palermo e molto pubblicizzato sui social.
In quel video si vedono uomini in toga dare i numeri.
Sono numeri drammatici perché, in realtà, elencano la progressione geometrica dei casi di femminicidio.
Con capacità attoriali che sconoscevo ai tanti principi del Foro di questa città, alla fine dell’infinita enumerazione si lancia il grido comune: “Basta! Spegniamo la violenza!”
Le scale e le colonne del tribunale (sfondo naturale di questo flash mob giudiziario) sembrano tremare del sussulto di indignazione. Bravo il regista, bravo lo sceneggiatore e bravi gli attori di questo semplice, ma toccante sipario iconografico giudiziario. Ma, forse, la numerazione degli avvocati palermitani doveva essere portata alle estreme conseguenze. E così avremmo scoperto che lo Stato italiano destina solo 1,1 per cento del suo prodotto interno lordo alla Giustizia, allorché tutti i paesi evoluti vi destinano il 3 per cento. Allo stesso modo avremmo saputo che 111.000 (centoundicimila) sono le Leggi in Italia (fonte del Ministero dei rapporti con il Parlamento), ma ben di più se si considerano le 400.000 leggi regionali che il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli avrebbe voluto abolire e che non ci risulta lo siano state.
Altri numeri, snocciolati davanti alle scale del tribunale, avrebbero dovuto raccontare della quantità di processi che pesano su ogni singolo magistrato il quale non dispone neppure di un ufficiale giudiziario per regolare l’ingresso dei tanti soggetti protagonisti dell’udienza.
Tanti numeri (e con tanti zeri…), poi, avrebbero raccontato del gratuito patrocinio, istituto di grande civiltà diventato incomprensibile strumento di ammortizzazione sociale.
Poiché questa frase susciterà scandalo presso coloro che lo utilizzano senza misura, chiarisco che il vero scandalo è pagare un avvocato a criminali che reiterano reati senza fine. Mi si dirà: “Ma tutti questi numeri in quale modo possono correlarsi al femminicidio?”
La risposta è molto semplice e nasce dalla oramai lunga esperienza sui reati di questo tipo.
Nascosto nella enorme quantità di fascicoli a processo, non sai mai se dietro una “semplice” lite familiare può prepararsi l’assassinio di una donna.
Se un amore finito può tragicamente trasformarsi in omicidio.
Il “Codice Rosso” non attribuisce ai giudici poteri e determinazioni davvero risolutive.
Un divieto di avvicinamento è pari al nulla se posto nei confronti di un soggetto ormai determinato a compiere il suo esiziale gesto.
Al Giudice, spesso, resta solo il senso di colpa di non avere potuto evitare il peggio. Ecco, allora, perché avrei voluto conoscere il regista e lo sceneggiatore di quel breve filmato.
Gli avrei suggerito di fermarsi al numero uno.
Non per raccontare la solitudine dei numeri primi, ma per descrivere – in quella unità – tutta la solitudine del giudice…