Palermo, il genio della truffa e i rapporti con i boss

Palermo: il genio della truffa, l’usura e i rapporti con i boss

Il blitz dei carabinieri del Ros. Dalle finte vendite di case a stimati professionisti ai prestiti a usura

PALERMO – Da principe delle truffe a vittima di usura. È una storia giudiziaria complessa che inizia dalle vendite fantasma di immobili – come faceva il principe della risata, Totò, con la fontana di Trevi – e finisce tra i mafiosi del mandamento palermitano di Santa Maria di Gesù. Nella notte i carabinieri del Ros hanno arrestato sette persone.

Il protagonista e grande accusatore è Giorgio Girgenti, cinquantenne immobiliarista e intermediario finanziario, le cui dichiarazioni si sono incrociate con quelle di Alfredo Giordano, direttore di sala del Teatro Massimo di Palermo, arrestato per mafia nel 2017, subito sospeso dalla Fondazione e condannato con sentenza definitiva lo scorso novembre a 4 anni e 8 mesi di carcere .

“Mi pento di quello che ho fatto”, disse Giordano. Tra i fatti raccontati ai pubblici ministeri c’era la vicenda dei mafiosi che cercavano in tutti i modi di rimettere le mani sui alcuni gestiti dal Tribunale. Per “un anno” intero Girgenti avrebbe dato appuntamento a Santi Pullarà e Gaetano Di Marco, arrestati per mafia e ora di nuovo sotto accusa, nei corridoi del Palazzo di giustizia di Palermo. “Girgenti… non lo se se millantava o diceva sul serio”, ma sosteneva di avere amicizie importanti in Tribunale.

Le dichiarazioni di Giordano sono successive di alcuni mesi rispetto a quelle di Girgenti che accusava Giordano di avergli prestato dei soldi a tassi usurari. La prima volta sarebbe accaduto nel 2012. A fronte degli 8 mila euro ottenuti gliene avrebbe restituito 12 mila dopo appena una settimana. Successivamente, per soddisfare le continue richieste di denaro di Girgenti, Giordano avrebbe coinvolto due colleghi del Teatro Massimo. In cambio di un prestito da 30 mila euro Girgenti ha raccontato di avere dovuto dare in garanzia tre assegni per 60 mila euro. I trentamila euro di interessi sarebbero poi schizzati a 50 mila, coperti sempre con un assegno.

Nel racconto di Girgenti fu l’inizio dei guai. Giordano avrebbe violato il patto, mettendo subito all’incasso l’assegno che non ebbe copertura bancaria. L’ex direttore di sala si sarebbe giustificato sostenendo che per restituire i soldi ai colleghi del teatro si era dovuto rivolgere ad “ambienti criminali”. Dagli stessi “ambienti criminali” sarebbe partita la convocazione per Girgenti che si trovò a discutere con Mariano Marchese, anziano capomafia ormai deceduto, Francesco e Gaetano Di Marco, e il monrealese Carmelo La Ciura,

L’incontro sarebbe avvenuto nella rivendita di marmi dei Di Marco, base operativa per i summit dei boss e di recente finita sotto sequestro. Girgenti, però, avrebbe restituito solo 15 mila euro del debito complessivo. Il prestito ad usura sarebbe stato mascherato. Doveva sembrare un pagamento in favore dell’impresa dei Di Marco.

In realtà si sarebbe tratatto di una fattura falsa per la fornitura inesistente di marmi da piazzare nelle proprietà del Barone La Lumia. Girgenti, infatti, è stato procuratore del patrimonio del nobile Ferdinando La Lumia che, così raccontava lo stesso Girgenti, lo nominò per gestire la sua pessima situazione economica. Aveva un’esposizione debitoria da 46 miliardi di vecchie lire. E così ebbe inizio un vorticoso giro di compravendite di immobili. Le cose però non andarono per il verso giusto tanto da costringerlo a rivolgersi a Giordano per i prestiti ad usura. Sono gli stessi prestiti per i quali Girgenti fu convocato nella marmeria. Ebbe paura e restituì 15 mila euro.

Di Marco avrebbe chiesto una mano a Girgenti per tentare di sistemare una pratica gestita dalla sezione fallimentare del Tribunale che aveva messo all’asta un immobile e un box comprati da Di Marco da un costruttore dichiarato fallito. Girgenti, però, disse di non avere commesso alcun illecito. Avrebbe percorso canali ufficiali, senza per altro risolvere la faccenda.

Girgenti è finito ancora una volta sotto inchiesta lo scorso giugno per una sfilza di truffe. Sarebbe riuscito raggiare una serie di clienti, tra cui stimati e conosciuti professionisti. Ci hanno rimesso cifre a cinque zeri, ma avrebbero deciso di ingoiare il rospo senza neppure fare una denuncia. Chissà perché.

L’immobiliarista avrebbe promesso in vendita fantomatici immobili di pregio a prezzi vantaggiosi. Una volta incassato l’anticipo dagli acquirenti, però, sarebbe sparito nel nulla. Le presunte truffe per oltre un milione di euro riguardano una dozzina di immobili.


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