E' morto Mariano Marchese | Nella sua tomba i segreti della mafia - Live Sicilia

E’ morto Mariano Marchese | Nella sua tomba i segreti della mafia

Chi era il boss di Villagrazia, malato da tempo.

PALERMO– Classe 1939, Mariano Marchese muore e si porta nella tomba segreti della vecchia e nuova mafia. Era malato da tempo. Il mese scorso era stato arrestato con l’accusa di essere il nuovo capo mandamento di Villagrazia. Il vecchio che avanza Alla soglia degli ottant’anni era tornato a comandare come hanno scoperto i carabinieri del Gruppo di Monreale e del Ros di Palermo. Le sue condizioni di salute erano peggiorate tanto da richiedere alcuni giorni fa il ricovero all’ospedale Civico. Lo zio Mariano, così lo chiamavano tutti, era già imputato nel primo maxi processo alle cosche. In realtà di lui si parlò ancora prima, nel 1981. Si disse che era riuscito a scappare al blitz di Villagrazia. I poliziotti fecero irruzione in una villa e furono accolti dalle pistolettate di chi dentro discuteva di affari di droga.Tra i presenti anche Benedetto Capizzi che, diventato successivamente il capomafia di Villagrazia, sarebbe stato arrestato nel blitz Perseo del 2008.

Si era spacciato per malato e scontava l’ergastolo per omicidio agli arresti domiciliari. Nel frattempo provò a riorganizzare la cupola di Cosa nostra. Sono sempre stati grandi amici Capizzi e Marchese. Il primo lo scagionò dicendo che Marchese gli aveva prestato la macchina. Ecco perché l’auto era parcheggiata davanti alla villa del blitz di Villagrazia. Marchese poi fece giungere in Procura, mente era latitante, la prova che il giorno dell’irruzione era dal medico a curarsi. Strano destino il suo. La regola di Cosa nostra impone che i capi restino tali nonostante siano da decenni in carcere. A meno che…. Il blitz di Santa Maria di Gesù svelò un retroscena. “Mischini”, sono anziani e malati, diceva Marchese di Totò Riina e Bernardo Provenzano. La loro morte era vista come l’avvio di una nuova stagione per l’intera Cosa nostra. Un punto e a capo necessario per l’intera organizzazione. Marchese nel parlava co Santi Pullarà, figlio del boss Ignazio. “L’hai visto?… sta morendo…(sorride)… mischino…”, così Francesco Di Marco avviava la discussione su Provenzano. “E se non muoiono tutti e due – diceva Pullarà – luce non ne vede nessuno… è vero zio Mario?”. Nel “tutti e due”, secondo gli investigatori, includeva anche Riina. “Lo so”, rispondeva Mariano Marchese che tirava in ballo altri cognomi pesanti: “Beh… e beh… non se ne vedono lustro…e niente li frega…ma no loro due soli…ma…tutto u vicinanzo… era sotto a loro… Graviano, Bagarella, questo di Castelvetrano…”. Un chiaro riferimento a Matteo Messina Denaro. Regola di Cosa nostra impone che,nonostante siano ormai sepolti da decenni in galera, Riina e Provenzano sono e restano i capi di Cosa nostra. Solo la morte o un pentimento, ormai da escludere, può dare il via libera a nuove nomine. Adesso sarà lui a dovere essere sostituito e non i padrini corleonesi. 

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