ROMA – I pazienti ricoverati in ospedale per cause diverse dal Covid che risultino positivi ai test, ma asintomatici, dovrebbero essere conteggiati come “caso” Covid, ma non tra i ricoveri dell’Area Medica Covid, mantenendo però il principio di separazione dei percorsi e di sicurezza dei pazienti. È quanto prevederebbe una nuova circolare del ministero della Salute dopo le sollecitazioni delle Regioni. “Nessun atto formale è stato disposto al momento. Fermo restando quanto riconosciuto ieri dall’Iss è ovviamente sempre aperta l’interlocuzione con le Regioni – precisa il ministero -“.
Le Regioni non hanno ricevuto alcuna circolare dal ministero della Salute relativa alla gestione dei casi Covid negli ospedali e alle modalità con le quali questi devono essere conteggiati nei bollettini. Secondo quanto si apprende, un documento in bozza sarebbe circolato a partire dalla serata di ieri negli assessorati alla salute delle Regioni e in commissione salute della Conferenza delle Regioni ma – ribadiscono sia fonti regionali che di governo – non c’è alcuna circolare né al momento saranno effettuate modifiche che andranno ad incidere sull’attuale sistema di conteggio dei casi. Il dibattito sulla questione e l’interlocuzione tra governo e regioni resta comunque aperto e, viene sottolineato, ogni eventuale modifica dovrebbe in ogni caso essere prima essere condivisa con palazzo Chigi.
l nuovo sistema di conteggio dei pazienti ricoverati per Covid, che scorpori i ricoverati per altre cause, richiesto dalle Regioni, rappresenta “un mero espediente di equilibrismo contabile. Un gioco delle tre carte con i cittadini italiani nel ruolo del passante sprovveduto”. Così il sindacato dei medici dirigenti ospedalieri Anaao Assomed, che sottolinea come gli ospedali siano oggi “pieni di pazienti infetti e poco importa se siano ricoverati per patologie legate al Covid o se hanno scoperto di essere infetti recandosi in ospedale”. Un paziente ricoverato positivo al Sars-Cov-2, spiega in una nota il segretario nazionale Carlo Palermo, “richiede personale dedicato obbligato a lunghe procedure di vestizione e svestizione, così come isolamento in spazi dedicati, da creare appositamente, generalmente riconvertendo altri reparti. Senza contare il blocco delle sale utilizzate per gli accertamenti diagnostici a causa delle procedure di sanificazione e la difficoltà di dimissione in RSA, lungodegenza o domicilio. Tutti motivi che rendono il cambiamento del metodo di calcolo inefficace ai fini della riduzione del carico di lavoro ospedaliero”. Tutti gli ospedali “hanno evidenti problemi di personale” e “in un’Italia che ha un basso tasso di posti letto per abitanti, la riconversione dei reparti determina limitazioni per il ricovero delle patologie ‘ordinarie'”. Questo avviene, inoltre, in un contesto che vede “personale stremato oltre misura”, “demoralizzato dopo due anni di superlavoro e frustrato di fronte ad ostilità ed aggressioni”. Il “gioco dei vasi comunicanti”, prodotto dalla riconversione di interi reparti e dallo stop a attività non urgenti “porta acqua alla pandemia parallela delle prestazioni rinviate e causa di future malattie”: questa la conclusione dell’Anaao, che chiede al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di intervenire.
Critiche arrivano dalla federazione dell’ordine dei medici. L’eventuale modifica dei criteri sul conteggio dei ricoverati positivi al Covid “non funziona. I numeri dei contagiati, il trend dei positivi ricoverati in area medica e nelle intensive, comunque li si conteggi sovraccaricano gli ospedali e portano allo stremo i professionisti. I medici si sentono soli”. Così il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Il ministro Speranza “valuti attentamente e con la giusta prudenza le richieste delle Regioni. Chiediamo misure di controllo dell’epidemia, non operazioni di maquillage che – afferma – camuffino la tragicità e la portata della pandemia”.
Intanto, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato una nuova ordinanza che fa cessare le misure restrittive speciali previste per il Sudafrica e i paesi limitrofi. Lo comunica il ministero. Una precedente ordinanza, emanata il 26 novembre e poi prorogata, prevedeva il divieto di ingresso in Italia a chi negli ultimi 14 giorni è stato in Malawi, Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia ed Eswatini.