di MARCELLO SORGI (tratto da “La Stampa”) In tutto il mondo, e in Italia più che altrove, il luogo di nascita è un pezzo importante della propria identità. Si è torinesi, o milanesi, o veneziani, insomma, se si è nati a Torino, Milano o Venezia. E lo si è, o lo si diventa, anche se si è nati da genitori pugliesi o napoletani. Immaginate come devono sentirsi gli eoliani, il piccolo popolo di abitanti dell’arcipelago patrimonio naturale dell’Unesco, ora che hanno appreso che di qui a poco non sarà più possibile nascere a Lipari.
Dalle sette isole e dagli emigrati lontani, ma aggrappati con il filo dei sentimenti come patelle ai loro scogli, mille e cinquecento cartoline sono arrivate sulla scrivania di Napolitano. E il Presidente, eoliano acquisito perché viene a Stromboli in vacanza da una trentina di anni, ha promesso che interverrà, nei limiti dei suoi poteri, perché conosce bene l’animo orgoglioso dei suoi isolani. «Vogliamo protestare – hanno scritto al Capo dello Stato – per il ridimensionamento dell’Ospedale di Lipari e soprattutto perché qui non si potrà più nascere. Lipari e le Eolie sono isole con millenni di civiltà e chiediamo che non venga tagliato il diritto a far nascere i bambini in questa terra».
L’ultima nata in esilio, il 24 agosto al Policlinico di Messina, si chiama Federica Maiuri. La mamma, Roberta Giorgi, s’è ricoverata qualche giorno prima, la nonna e i parenti l’hanno seguita, adattandosi alla meglio in una pensione. Disagi, spese impreviste, ansie accresciute dalla forzata trasferta (gli isolani si conoscono tutti tra loro e amano vivere nei propri luoghi) se li è portati via la gioia dell’arrivo di Federica, bella e sana, che a due giorni di vita ha fatto la sua prima traversata in aliscafo per tornare a Lipari. E come lei, saranno decine di bambini nei prossimi mesi a subire la stessa sorte.
A Lipari nascono in media un’ottantina di bimbi all’anno, che diventano un centinaio, più o meno, con quelli delle altre sei isole. Troppo pochi per rientrare nei limiti di una recente legge che prevede che in Sicilia debbano essere chiusi i reparti di ostetricia con meno di cinquecento nascite all’anno. Più lenta ad adeguarsi in molti altri casi, la Regione Sicilia stavolta è stata sveltissima a disporre la ristrutturazione dell’ospedale liparese, con l’accorpamento di ginecologia e chirurgia e di pediatria e medicina. Il resto lo ha fatto la partenza dell’ultimo ostetrico rimasto in servizio, il dottor Giampiero Di Marco, un medico napoletano un po’ filosofo, a sentire i paesani che lo rimpiangono, che era arrivato a Lipari dopo aver fatto il missionario in Africa, ha fatto nascere decine e decine di bambini e se n’è andato con molta malinconia, accompagnato al porto da alcune delle donne che aveva reso madri.
Era giugno: gli isolani hanno atteso qualche settimana, prima di apprendere che l’ostetrico non sarebbe stato rimpiazzato e da allora in poi, salvo casi di emergenza, le loro donne sarebbero andate a partorire sulla terraferma. Saverio Merlino, il direttore amministrativo della scuola, lo ha appreso da una di loro, che lo ha fermato sul corso, tenendosi la pancia con le mani. Merlino è stato segretario del Ppi e poi del Pd: «Ma qui – avverte – la politica non c’entra. C’entra la Costituzione! Ho detto al Presidente che è stato violato l’articolo 32, che dovrebbe garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini. Invece le nostre donne, o vanno in trasferta, o partono in emergenza, a bordo di un elicottero, con le doglie del parto imminente».
L’idea delle cartoline è stata sua. Suo il disegno di un bimbo che sta ancora nella pancia della mamma, sognando nascere dentro un vulcano, come sono appunto, spenti o accesi, quelli che svettano sul mare delle Eolie. A luglio c’è stato anche un imprevisto faccia a faccia tra lo stesso Merlino e l’assessore regionale Massimo Russo (nella foto), un magistrato noto per il suo rigore che il governatore siciliano Lombardo ha messo alla guida del nevralgico settore della Sanità, già obiettivo di mire mafiose. Russo, arrivato a Lipari per un convegno organizzato proprio dall’Unesco, che ha dato alle isole l’ambito riconoscimento di patrimonio dell’umanità, s’è trovato di fronte alla protesta degli isolani per il diritto a nascere negato ai loro figli e nipoti. Ha cercato di convincerli che non è una questione di mezzi e di soldi che mancano, ma di sicurezza: un medico che fa meno di cento parti all’anno non garantisce la perizia necessaria a superare gli standard attualmente richiesti dai protocolli moderni. Ha anche spiegato che i bimbi nati a Messina potranno essere iscritti all’anagrafe di Lipari grazie a un’interpretazione estensiva della legge. Sperava che si rassegnassero, e invece, approfittando dei pochi giorni di vacanza del Capo dello Stato, la voce delle donne eoliane è arrivata fino all’orecchio di Napolitano.
Chissà come andrà a finire. Nei racconti della gente, la storia del reparto nascite cancellato si mescola a una leggenda che, come tutte le storie che corrono di bocca in bocca, forse non troverà mai conferma. Fino a qualche anno fa, ricordano gli isolani, l’ospedale di Lipari sembrava destinato a una stagione d’oro. Erano i tempi del ministro tecnico Girolamo Sirchia, rimasto famoso per la sua legge antifumo, ma da queste parti come «eoliano d’importazione», visto che anche lui ha scelto Stromboli come buen retiro, e a un certo punto sembrava perfino che potesse candidarsi a sindaco di Lipari. Sarà un caso, ma da quando Sirchia è andato in pensione, e al suo posto è arrivato un altro tecnico come Ferruccio Fazio, è cominciata la decadenza dell’ospedale eoliano. E poco importa che la competenza sulla Sanità sia regionale, e Fazio non abbia quindi né responsabilità né poteri per intervenire.
La leggenda vuole che Fazio, che villeggia a Pantelleria, in un’altra isola, in tutt’altro mare, l’anno scorso sarebbe rimasto vittima di un piccolo incidente domestico: una spina di pesce da estrarre dalla sua bocca che si sarebbe rivelata particolarmente difficile da asportare. Di qui la convinzione, che Fazio, medico di gran fama formatosi negli Stati Uniti, si sarebbe fatto sulla scarsa efficienza delle guardie mediche nelle piccole isole. Perché poi Lipari dovrebbe rispondere di una presunta inefficienza pantesca, la leggenda non lo dice. Ma anche questo fa parte del modo romantico e fatalista con cui gli eoliani vanno incontro al loro destino e alle maledizioni che spesso l’accompagnano. L’estate sta finendo, le isole pian piano tornano alla loro solitudine e ai loro silenzi, rotti solo dal rumore delle onde del mare. Le donne liparesi sono lì che aspettano una risposta. Non vogliono più salire sugli elicotteri che le portano a partorire lontano. I loro figli vogliono farli nascere sui loro scogli.