“E’ ingiusto che lo Stato italiano chieda agli imprenditori di mettersi in prima linea denunciando il pizzo imposto dai mafiosi, e poi li costringa a confrontarsi con meccanismi burocratici lunghi e farraginosi che finiscono per boicottarli, prestando il fianco alla criminalità che punta anche su questo per scoraggiare le imprese a denunciare”. Questo l’ amaro commento del presidente di Confartigianato imprese Sicilia, Filippo Ribisi, alla comunicazione di pagamento inoltrata dalla Serit Sicilia all’ imprenditore e testimone di giustizia Ignazio Cutrò, per un importo di 85.562,56 euro. Si tratta di cartelle che dovevano essere bloccate dalla sospensione prefettizia. Così non è stato. Errori, ritardi e incomprensioni fra i vari enti statali hanno impedito la proroga dei pagamenti all’imprenditore che aveva denunciato il racket e che non ha ancora ottenuto il rilascio dei documenti necessari per il riavvio dell’azienda. Ignazio Cutrò al momento non può lavorare e deve pagare entro 30 giorni una cifra impossibile. Pena: l’ iscrizione di ipoteca sui beni immobili. Una vicenda che ha suscitato la reazione delle associazioni antiracket agrigentine che si dicono pronte ad intraprendere forti azioni di protesta a tutela della dignità morale, della serenità e dell’ integrità economica della famiglia Cutrò.
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