PALERMO – L’interrogativo resta aperto, anche e soprattutto oggi che una schiera di presunti boss del Borgo Vecchio sono stati condannati in primo grado. Chi comanda a Porta Nuova, mandamento mafioso che include la famiglia del popolare quartiere palermitano?
Nei resoconti giudiziari c’è la chiave per interpretare gli equilibri mafiosi. La risposta è nei dialoghi intercettati fra alcuni dei condannati di oggi. Prima che scattasse il blitz, nell’ottobre 2020, era scoppiata una lite fra i fratelli Massimiliano Jari, Daniele e Gabriele Ingarao, figli del capomafia Nicola morto ammazzato, da una parte e i fratelli Angelo e Girolamo Monti dall’altra. Sono zii e nipoti.
Jari Ingarao pensò di chiedere l’intervento di un personaggio misterioso: “Io me ne vado proprio alla testa… e che fa… e buca… a discorso… buca… a discorso… come hanno bucato sempre…”. Contava dunque di coinvolgere la “testa”, e cioè il capo, qualcuno che stava e sta gerarchicamente sopra gli stessi fratelli Monti.
Chi comanda oggi a Porta Nuova, mandamento in cui si sono registrate recenti e meno recenti scarcerazioni? L’ultima avvenuta qualche settimana fa, dunque successivamente al dialogo intercettato, è stata quella di Nunzio Milano che ha finito di scontare la condanna a 9 anni.
Prima di lui erano tornati in libertà Salvatore Milano, fratello di Nunzio, e suo figlio Nicola. Ed ancora Tommaso Lo Presti, soprannominato il lungo per distinguerlo dal cugino detto il pacchione, Calogero Pietro Lo Presti, e Massimo Mulè. Ed ecco un altro punto di analisi, gli investigatori stanno cercando di decifrare se e come queste scarcerazioni possono avere inciso negli equilibri mafiosi nel mandamento di Porta Nuova.